L’art. 7 della legge 241/1990 dispone che ve non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato:
a) ai Destinatari del provvedimento finale.
b) a Coloro tenuti per legge ad intervenire.
c) Ai controinteressati.
L’individuazione di questi soggetti andrà fatta per ogni singolo procedimento, non tanto in astratto, ma in concreto, facendo riferimento alla situazione di fatto che si è prospettata dopo l’istanza del soggetto oppure dopo aver valutato l’apertura di un procedimento d’ufficio.
Se i potenziali destinatari della comunicazione sono oltremodo numerosi o di difficile individuazione, il responsabile del procedimento provvede ad avviarlo mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima (si pensi ai manifesti, alla pubblicazione sul sito istituzionale, alla pubblicazione sui quotidiani locali ecc.); chiaramente dovrà motivare la scelta di non aver provveduto ad una comunicazione personale, ma solo moltitudinaria.
I contenuti della comunicazione di avvio del procedimento
L’art. 8 della legge 241/1990 dispone quali siano gli elementi essenziali della comunicazione di avvio del procedimento che, qualora mancanti, potranno essere fatti valere solo dal destinatario e non anche da terzi. Questi elementi sono:
a) l’indicazione dell’amministrazione che procede e che dovrà emettere il provvedimento finale;
b) l’oggetto del procedimento;
c) l’ufficio e la persona responsabile del procedimento, con i relativi riferimenti ufficiali (telefono, pec, indirizzo ecc.) a cui chiedere e prendere visione dello stato della pratica;
d) l’indicazione dei termini entro cui dovrà concludersi il procedimento;
e) l’indicazione degli strumenti utilizzabili contro l’eventuale inerzia del responsabile del procedimento;
f) la data in cui risulta protocollata l’eventuale istanza.
Finalità della comunicazione di avvio del procedimento
La previa comunicazione di avvio del procedimento imposta dall’art. 7 della legge n. 241/1990 rappresenta un principio di carattere generale dell’azione amministrativa diretto a garantire l’apertura di un contraddittorio procedimentale tra le parti interessate in relazione a tutti gli aspetti che assumeranno rilievo ai fini della decisione finale, per la salvaguardia del buon andamento e della trasparenza dell’amministrazione, anche in un’ottica deflattiva del contenzioso (Consiglio di Stato 4/7/2018 n. 4122).
La garanzia partecipativa prevista dagli artt. 7 e 10, l. n. 241/1990 è volta ad assicurare un effettivo e reale apporto collaborativo del privato al procedimento e la sua violazione assume rilievo ogni qual volta la mancata partecipazione abbia impedito al medesimo di apportare utili elementi da sottoporre alla valutazione dell’Amministrazione interessata (TAR Campania sez. VIII 10/6/2021 n. 3924).
il diritto di accesso, per la sua fondamentale valenza conoscitiva e partecipativa deve potersi esplicare (salvo che nelle ipotesi tassativamente previste dal legislatore e nei casi in cui l’ostensione anticipata possa compromettere la tutela di interessi pubblici di rilievo) già nel corso del procedimento per permettere all’interessato di meglio valutare sia l’opportunità stessa di prender parte all’iter procedimentale sia la strategia più efficace per tutelare le proprie ragioni (Consiglio di Stato sez. VII 19/4/2022 n. 2908).
La l. n. 241 del 1990 – utilizzando un concetto di “pregiudizio” variamente riferito a diverse tipologie di “interesse” – conosce forme e livelli diversi di partecipazione in funzione di tutela nell’ambito del procedimento, riconoscendo:
- una partecipazione piena – quale forma di tutela “anticipata” in sede procedimentale delle proprie situazioni giuridiche – ai destinatari diretti del provvedimento che l’amministrazione intende assumere a conclusione del procedimento amministrativo, ovvero a coloro che dall’emanazione del medesimo, ancorché non ne siano diretti destinatari, possano subire un pregiudizio (i cd. controinteressati in sede procedimentale);
- una ulteriore forma di partecipazione, riconosciuta a quei soggetti, portatori di interessi pubblici o privati “cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento” (Adunanza plenaria 28/1/2022 n. 3).
La funzione della comunicazione di avvio del procedimento è quella di consentire l’effettiva ed utile partecipazione dell’avente diritto. Va respinto il ricorso per violazione degli artt. 7 e 8, l. n. 241 del 1990 e del principio del contraddittorio, e, quindi, dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa quando dall’istruttoria emerga che il ricorrente abbia potuto completamente partecipare al procedimento e formulare le proprie argomentazioni e difese (TAR Liguria Genova sez. I 15/3/2019 n. 217).
La previa comunicazione di avvio del procedimento amministrativo è adempimento che si rende necessario ai sensi degli artt. 7 e 8, l. 7 agosto 1990, n. 241, che delineano la partecipazione procedimentale come passaggio ineludibile dell’azione amministrativa, soprattutto quando la stessa è volta alla compressione di facoltà private, e non sussistano ragioni di urgenza che ne giustifichino l’omissione (TAR Basilicata Potenza sez. I 14/1/2015 n. 42).
Quando è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento
La comunicazione di avvio del procedimento deve essere sempre data allorché si intenda adottare un provvedimento a carattere non vincolato quale è quello di autotutela. Difatti, una cosa è la partecipazione al procedimento, altra cosa è, eventualmente, il contenuto del provvedimento che sarà adottato, riguardo alla motivazione del quale e al bilanciamento degli interessi può eventualmente avere rilievo una dolosa infedeltà dell’interessato che abbia eventualmente determinato l’assunzione del provvedimento oggetto di annullamento. La comunicazione di avvio è, del resto, ancora più necessaria nel caso in cui il provvedimento di autotutela era motivato da ritenute discrasie documentali sulle quali gli interessati avrebbero potuto attivamente partecipare procurando integrazioni e chiarimenti (Consiglio di Stato Lazio sez. VI 25/2/2022 n. 1292).
Destinatari della comunicazione di avvio del procedimento: casistica di interesse
Soggetti interessati
La comunicazione dell’inizio del procedimento deve essere inviata al soggetto interessato, così da permettergli di presentare le proprie osservazioni in una fase tuttora preparatoria, nella quale, cioè, siano potenzialmente aperte tutte le possibili opzioni: e ciò proprio al fine di evitare che l’intervento spiegato assolva un ruolo pressoché esclusivamente formale senza alcuna reale incidenza sia sull’eventuale istruttoria da espletare sia sull’individuazione degli interessi pubblici e privati coinvolti sia, infine, sulla loro finale graduazione da parte della procedente Autorità per il perseguimento del poziore interesse pubblico (TAR Lazio Latina sez. I 26/6/2015 n. 498).
Il soggetto, la cui posizione giuridica è incisa da un provvedimento amministrativo, null’altro deve dimostrare, per legittimare l’actio ad exhibendum nei confronti degli atti e documenti formati nel relativo procedimento, se non la sua veste di destinatario del provvedimento stesso, posto che, in questo caso, l’interesse giuridicamente rilevante risulta già normativamente qualificato dagli artt. 9 e 10, l. 7 agosto 1990, n. 241 (TAR Piemonte Torino sez. II 30/10/2009 n. 2354).
Ai sensi dell’art. 8, comma 3, l. 7 agosto 1990, n. 241, qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale di avvio del procedimento prevista dal precedente art. 7 non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione può provvedere a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 (cioè amministrazione competente, oggetto del procedimento promosso, ufficio e persona responsabile del procedimento, ufficio in cui si può prendere visione degli atti) mediante forme idonee di pubblicità da essa di volta in volta stabilite (TAR Basilicata Potenza sez. I 25/7/2014 n. 506).
Soggetti individuabili
La previsione della seconda parte del primo comma dell’art. 7, l. n. 241/1990 – in base al quale la comunicazione di avvio del procedimento può essere estesa anche ai soggetti, individuati o facilmente individuabili, diversi dai diretti destinatari, che possono subire un eventuale pregiudizio dal provvedimento – deve intendersi come riferita all’ipotesi in cui sia possibile rilevare a monte, in via prognostica, una reale e concreta possibilità del verificarsi di effetti pregiudizievoli a carico di altri soggetti, diversi da quelli direttamente interessati dall’atto e/o individuati direttamente dalla legge. È cioè indispensabile – onde non aggravare inutilmente il procedimento, nell’ottica generale della semplificazione amministrativa – che detta posizione differenziata risulti chiara ed evidente ex ante e non si riduca ad una mera eventualità, basata su elementi fattuali, di ordine generale, quale la mera vicinitas (TAR Lazio Roma sez. II 8/7/2015 n. 9160).
Dalla facoltà di intervento nel procedimento amministrativo dei soggetti “portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento” non scaturisce automaticamente la legittimazione processuale di tutti i soggetti portatori di interessi collettivi che abbiano in concreto partecipato al procedimento, restando rimesso all’Autorità giudiziaria il compito di verificare nel singolo caso se il soggetto interveniente abbia effettiva legittimazione processuale in quanto portatore di un interesse differenziato e qualificato; in linea particolare il suddetto principio vale a fronte della facoltà astratta riconosciuta ai soggetti individuati dall’art. 9, l. n. 241/1990, cosicché nell’ipotesi di concreta ed attiva partecipazione è ben possibile verificare la sussistenza di un interesse differenziato, quantomeno sotto i profili concretamente evidenziati ovvero attinenti alle modalità di partecipazione e, in tal caso quindi, la verifica in merito alla sussistenza di un interesse si sposta sulle singole censure e sulla riferibilità o meno ai predetti profili (TAR Liguria Genova 13/10/2010 n. 9201).
La l. n. 241/1990 accorda, all’art. 9, ai soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, la possibilità di partecipazione al procedimento. Si tratta, però, di una norma che sancisce una possibilità e non un diritto di partecipazione e che, in ogni caso, ha come sua primaria finalità quella di dare rilevanza ad interessi che non sono riconoscibili in capo a singoli individui e dei quali è dubbia la tutela giurisdizionale nei casi in cui ne siano portatrici associazioni che non risultino inserite negli elenchi previsti dall’art. 5, l. n. 281 del 1998 (Consiglio di Stato sez. IV 16/2/2010 n. 887).
Confinante del richiedente permesso di costruire
Il proprietario di un immobile confinante con quello oggetto della richiesta di permesso di costruire non può essere valutato come un soggetto direttamente interessato al provvedimento, con la conseguenza che non sussiste alcun obbligo per l’amministrazione di dargli comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato al rilascio del titolo edilizio, fermo restando che ciò non provoca alcuna lesione delle sue facoltà procedimentali, comunque salvaguardate dalla possibilità di intervento volontario nel procedimento di rilascio ai sensi dell’art. 9 della legge n. 241/1990 (TAR Toscana Firenze sez. I 17/5/2018 n. 672).
Partecipanti a una gara
Con la presentazione della domanda di partecipazione alla gara per l’appalto-concorso e con la predisposizione e l’inoltro dell’offerta, i concorrenti assumono una posizione differenziata e qualificata per cui, qualora l’amministrazione che ha bandito la gara intenda annullarla in autotutela, deve provvedere, ai sensi degli artt. 7 e 8 della l. n. 241 del 1990, a comunicare loro l’avviso di avvio del relativo procedimento. Pertanto è illegittimo, per violazione dei canoni partecipativi di cui agli artt. 7 e 8 cit., il provvedimento con il quale la stazione appaltante annulli d’ufficio la gara, senza aver dato alle imprese partecipanti il previo avviso d’inizio del procedimento di autotutela (Corte di Cassazione sez. I 11/1/2017 n. 511)
Comunicazione di avvio e invalidità del provvedimento
Gli elementi della comunicazione d’avvio del procedimento sono predeterminati dalla legge, che all’art. 8 l. n. 241/1990 stabilisce che essa deve contenere: l’amministrazione competente; l’oggetto del procedimento promosso; l’ufficio e la persona responsabile del procedimento; la data entro la quale deve terminare il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione; nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione dell’istanza; l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti (TAR Sardegna Cagliari sez. II 12/4/2017 n. 255).
Un provvedimento amministrativo non è invalido laddove nell’atto recante la comunicazione dell’avvio del procedimento non sia dato rinvenire le informazioni di cui all’art. 8 della legge n. 241/1990, con riferimento particolare al nominativo del responsabile del procedimento o dell’ufficio in cui prendere visione degli atti, rappresentando questa tale ipotesi una mera irregolarità (TAR Calabria Catanzaro sez. II 30/5/2019 n. 1106).
Ai sensi dell’art. 8 l. 7 agosto 1990, n. 241, la mancante comunicazione del responsabile del procedimento e dell’ufficio presso cui poter prendere visione degli atti non determina l’illegittimità del provvedimento finale, dovendosi considerare in tal caso responsabile del procedimento il funzionario preposto alla competente unità organizzativa (TAR Campania Napoli sez. II 17/10/2017 n. 4842).
Dall’art. 8 della legge n. 241/1990 si desume chiaramente che la comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento è parte integrante dell’avviso di cui all’art. 7 della stessa legge. Pertanto, non essendo indispensabile nei procedimenti ad istanza di parte la comunicazione di avvio del procedimento, non rappresenta motivo di illegittimità neppure l’omessa comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento (fermo restando che a tale omissione è comunque possibile supplire considerando responsabile il funzionario preposto alla competente unità organizzativa (TAR Campania Napoli sez. IV 3/2/2015 n. 691).
L’interesse al ricorso consiste in un vantaggio pratico e concreto, anche soltanto eventuale o morale, che può derivare al ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa, il quale sorge in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale. Tale interesse difetta nei riguardi dell’atto che sia privo di immediata ed autonoma lesività, quale la comunicazione di avvio del procedimento, che costituisce un atto preparatorio c.d. endoprocedimentale, non dotato di autonoma lesività e non avente natura provvedimentale. Invero, in virtù degli artt. 7 e 8, l. n. 241/1990, tale atto ha unicamente lo scopo di consentire all’interessato la partecipazione al procedimento e ad esso deve fare seguito la determinazione finale dell’amministrazione (TAR Campania Napoli sez. III 15/4/2014 n. 2107).
La comunicazione di avvio, stante la natura endoprocedimentale e il contenuto non immediatamente lesivo, non è autonomamente e immediatamente impugnabile salvo nell’ipotesi, da dimostrarsi, a cura del ricorrente, in cui sia concretamente idoneo ledere la sfera giuridica del destinatario in un momento precedente l’avvio dell’istruttoria e la conclusione stessa dell’iter procedimentale (TAR Sicilia Catania sez. II 28/4/2020 n. 866).
Casi in cui non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento
Superfluità della comunicazione di avvio del procedimento
Le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo di cui agli artt. 7 e ss., l. n. 241/1990 non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione è superflua, con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell’azione amministrativa, quando l’interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono all’apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti (TAR Lazio Roma sez. II 14/10/2015 n. 11660).
È infondata la censura di violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990, laddove il contenuto del provvedimento finale, anche nel caso di formale comunicazione di avvio del procedimento, non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, in quanto nella sostanza lo stesso costituisce atto vincolato di mera attuazione delle iniziative programmatorie poste in essere dal comune (TAR Campania Napoli sez. III 7/9/2015 n. 4391).
L’obbligo dell’amministrazione di comunicare l’avvio del procedimento previsto dagli artt. 7 e 8, l. n. 241/1990 ha la finalità di consentire al privato di partecipare al procedimento rappresentando le proprie ragioni ed esponendo circostanze utili a definire l’assetto degli interessi coinvolti. Quando tale finalità risulti comunque realizzata, sarebbe inutilmente formalistico annullare i provvedimenti emessi dall’amministrazione comunale sulla base della sola omissione della comunicazione di cui trattasi (TAR Sicilia Catania sez. II 1/2/2013 n. 359).
Le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo (artt. 7, 8 e 10, l. n. 241/1990) non devono essere applicate meccanicamente e formalisticamente nel senso che è necessario annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, ma debbono essere interpretate nel senso che non sono annullabili i procedimenti che hanno comunque raggiunto lo scopo cui la comunicazione di avvio tende, in quanto, in caso contrario, si farebbe luogo ad una inutile ripetizione del procedimento, con aggravio sia per l’amministrazione sia per l’interessato (TAR Puglia Bari sez. III 30/8/2012 n. 1624).
La garanzia partecipativa prevista dagli artt. 7 e 10, l. n. 241/1990 è volta ad assicurare un effettivo e reale apporto collaborativo del privato al procedimento e la sua violazione assume rilievo ogni qual volta la mancata partecipazione abbia impedito al medesimo di apportare utili elementi da sottoporre alla valutazione dell’Amministrazione interessata. Deve, per conto, essere escluso ogni rigido ed inutile formalismo in quanto, nel denunciare la violazione di siffatta garanzia partecipativa, l’interessato ha l’onere di indicare quali siano gli utili elementi di valutazione che, qualora tempestivamente avvisato, avrebbe potuto introdurre nel procedimento (TAR Campania sez. VIII 10/6/2021 n. 3924).
Sanzioni amministrative
Nei procedimenti per la irrogazione di sanzioni amministrative, disciplinati dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, non trovano applicazione le disposizioni sulla partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 7 e 8 che configurano una normativa generale sulla quale domina la legge speciale, in quanto idonea ad assicurare garanzie di partecipazione non inferiori al “minimum” prescritto dall’anzidetta normativa generale.
In tema di sanzioni amministrative, il procedimento preordinato alla loro irrogazione sfugge all’ambito di applicazione della L. n. 241 del 1990, in quanto, per la sua natura sanzionatoria, è retto dai principi sanciti dalla L. n. 689 del 1981 e dal D.P.R. n. 495 del 1992, art. 383 che non prescrivono, quanto al contenuto del verbale di accertamento, la necessità di indicare l’autorità territorialmente competente a conoscere dell’impugnativa, né il nominativo del responsabile del procedimento (Corte di Cassazione Sezione civile sez. II 17/12/2021 n. 40630).
In tema di violazioni delle norme del codice della strada, la sospensione provvisoria della patente di guida disposta dal prefetto ex art. 223 del D.Lgs. n. 285 del 1992, è misura cautelare di esclusiva spettanza prefettizia, necessariamente preventiva, strumentalmente e teleologicamente tesa a tutelare, con immediatezza, l’incolumità e l’ordine pubblico e, per ciò stesso, oggetto di un particolare e celere iter procedi mentale, che riconosce all’amministrazione la facoltà di adottare provvedimenti cau telari anche prima della comunicazione dell’avvio del procedimento agli interessati, così escludendo anche la necessità di dare ingresso (e risposta), nel procedimento, alle eventuali osservazioni degli interessati, altrimenti sussistente alla stregua delle regole generali fissate dagli artt. 3, 7, comma 1, 8 e 10, della L. n. 241 del 1990, 204 del cod. strada e 18 della L. n. 689 del 1981 (Corte di Cassazione Civile sez. VI 15/12/2016 n. 25870).
Comunicazione di avvio e procedimenti urgenti
L’esonero dall’applicazione degli artt. 7 e ss., l. 7 agosto 1990 n. 241, nella parte in cui si impone all’amministrazione competente la previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, trova applicazione nel caso in cui l’urgenza è in re ipsa, in particolare, la pubblica amministrazione, ove ritenga esistenti i presupposti di celerità che legittimano la mancanza della comunicazione dell’avvio del procedimento, deve dare contezza, nel provvedimento finale, dell’urgenza, atteso che le ragioni della rapidità devono essere poste a raffronto con le esigenze di tutela del contraddittorio, soprattutto nel caso in cui il provvedimento da adottare consista nel ritiro o nella modificazione di un atto favorevole per i destinatari con conseguente venir meno di un effetto positivo (Consiglio di Stato sez. III 19/11/2018 n. 6542).
In presenza di particolari esigenze di celerità del procedimento (derivanti dalla necessità di salvaguardare l’ordine e la sicurezza pubblica), è consentita l’omissione della comunicazione di avvio del relativo procedimento, ai sensi degli artt. 7 e 8, l. n. 241/1990 (TAR Lazio Roma sez. II 2/1/2015 n. 475).
Programmazione urbanistica
Secondo l’art. 13, comma 1, l. n. 241/1990, le disposizioni del capo III della stessa legge (artt. da 7 a 12) non si applicano nei confronti degli atti di pianificazione e di programmazione, per le quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione. Ciò significa che, a fronte di un atto di pianificazione territoriale, quale è la variante al P.R.G., le garanzie di partecipazione al procedimento per i proprietari delle aree interessate non sono quelle previste in generale dalla l. n. 241/1990 (l. prov. Trento n. 23 del 1992), ma quelle contemplate dalle speciali norme sul procedimento amministrativo di formazione della variante urbanistica che, nell’ordinamento trentino, contemplano una procedura di adozione bifasica che consente agli interessati di utilmente intervenire nel procedimento stesso (Tribunale Regionale Giustizia Amministrativa Trentino Alto Adige Trento 5/12/2012 n. 358).
Provvedimenti espropriativi
Se è vero che il coinvolgimento nella procedura espropriativa di un rilevante numero di proprietari consente all’amministrazione espropriante di sostituire la comunicazione personale di avvio del procedimento con le forme di pubblicità alternative rese possibili dall’art. 8, comma 3, l. 7 agosto 1990, n. 241, è altresì vero che tali forme alternative e semplificate di comunicazione procedimentale devono comunque assicurare una reale garanzia di partecipazione e non possono essere a tal punto assottigliate, carenti e scarne, da non indicare i dati essenziali che forniscono la portata della lesività del provvedimento, quali sono le particelle dei terreni espropriati (TAR Molise Campobasso sez. I 29/3/2013 n. 231).
Comunicazione di avvio e abusi edilizi
In tema edilizio e relativi abusi, la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo non deve necessariamente precedere l’adozione dei provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, avendo tali atti carattere vincolato (Consiglio di Stato sez. VI 3/2/2021 n. 1005).
La comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, prescritta dall’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241, deve ritenersi non richiesta ai fini dell’adozione degli atti di repressione degli abusi edilizi. Infatti, tali procedimenti essendo tipizzati, in quanto compiutamente disciplinati da legge speciale e presupponendo meri accertamenti tecnici sulla consistenza e sul carattere abusivo delle opere realizzate, non richiedono l’apporto partecipativo del destinatario (TAR Sicilia Palermo sez. II 7/4/2016 n. 913).
La cd. partecipazione procedimentale ex legge n. 241/1990 va interpretata in senso sostanziale e pertanto «avendo riguardo all’effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione». Facendo leva su tale principio il Consiglio di Stato ha ritenuto infondato il motivo di appello del ricorrente, il quale aveva sostenuto l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione non preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ex articolo 7 della legge n. 241/1990, pertanto alla fattispecie si applica l’articolo 21-octies, comma 2 (Consiglio di Stato sez. VI 7/10/2022 n. 8613).
Non integra la violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990 l’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo non preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, giacché la contestazione dell’abuso edilizio avvenuta contestualmente all’ordine di demolizione notificato all’interessato, mettendo quest’ultimo nello stato di partecipare al procedimento sanzionatorio, equivale alla comunicazione di avvio anzidetta, per conseguimento dello stesso scopo (Consiglio di Stato sez. VI 25/2/2019 n. 1281).
È legittimo l’ordine di sospensione lavori e contestuale demolizione di manufatti abusivi che non sia stato preceduto dalla preventiva comunicazione ai soggetti interessati dell’avvio del procedimento ex artt. 7 e ss., l. 7 agosto 1990, n. 241 ove gli atti istruttori, prodromici all’adozione del provvedimento repressivo dell’abuso edilizio, siano stati adottati nel contraddittorio con i medesimi soggetti (Consiglio di Stato sez. V 17/6/2015 n. 3051).
Deve ribadirsi il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui una tale omissione non è in grado di determinare l’illegittimità del provvedimento, atteso che non è necessario che l’ordine di demolizione di opere edilizie abusive sia preceduto dall’avviso di cui all’art. 7, l. n. 241/1990, trattandosi di un atto dovuto, che viene emesso quale sanzione per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge. Pertanto, trattandosi di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, esso sorge in virtù di un presupposto di fatto che rientra nella propria sfera di controllo, senza che l’omesso adempimento di carattere meramente formale possa inficiarne la validità. Peraltro, nemmeno sono configurabili nel caso di specie, giusta quanto sopra evidenziato, particolari esigenze o conseguenze connesse alla partecipazione procedimentale dell’interessato, per l’inidoneità di questa attività a modificare l’esito del procedimento, la cui mancanza non può determinare ex se l’illegittimità del provvedimento finale, alla stregua dell’art. 21-octies, l. n. 241/1990, come modificata dalla l. n. 15 del 2005 (TAR Lazio Roma sez. I 21/4/2015 n. 5808).
Difatti, alcuna incidenza o utilità può essere riconosciuta all’apporto partecipativo del privato, dovendosi ritenere assolutamente preminente l’interesse pubblico dell’amministrazione alla eliminazione dell’illecito edilizio (TAR Lazio Roma sez. I 2/4/2015 n. 4970).
Esecuzione di un provvedimento
Il provvedimento che dà esecuzione ed è vincolato a precedenti determinazioni non richiede un’indipendente comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990 (Consiglio di Stato sez. V 4/7/2018 n. 4096).
Revoca dell’aggiudicazione
Per l’adozione della revoca dell’aggiudicazione, disposta in conseguenza del fallimento della società avvalsa, non sussiste l’obbligo di comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990, non risultando ancora conclusa la procedura selettiva e non essendo stato emesso l’atto gravato all’esito di un successivo e distinto procedimento (TAR Lazio Roma sez. III 1/12/2015 n. 13536).
Interdittiva antimafia
Nelle gare pubbliche la stazione appaltante è esonerata dall’obbligo di comunicazione di cui all’art. 7, l. 7 agosto 1990, n. 241, relativamente all’informativa antimafia e al successivo provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, trattandosi di procedimento intrinsecamente caratterizzato dall’urgenza di provvedere (Consiglio di Stato sez. III 24/7/2015 n. 3653).
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- La motivazione dell’atto amministrativo
- Il Responsabile del Procedimento
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- Il diritto di accesso del consigliere comunale
- Responsabilità extracontrattuale della Pubblica Amministrazione
- Istanza di autotutela e obbligo di provvedere