Per i contratti della pubblica amministrazione, vi è l’obbligo della forma scritta ad substantiam, per cui la pubblica amministrazione non può assumere impegni o concludere contratti se non in forma scritta, né può darsi rilievo a comportamenti taciti o manifestazioni di volontà altrimenti date; tale principio trova applicazione non soltanto alla conclusione del contratto, ma anche all’eventuale rinnovazione dello stesso.
Questo quanto rammentato dall’ANAC con deliberazione 119/2023.
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Difatti, la forma scritta assolve dunque una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo di identificare con precisione le clausole destinate a disciplinare il rapporto contrattuale (cfr. Corte di Cassazione, Sez. I Civile, sentenza 13 ottobre 2016 n. 20690). Stante il principio generale del divieto del rinnovo dei contratti pubblici, l’unica forma di «rinnovo» ammissibile è quello espresso adottato con provvedimento espresso ed alle peculiari condizioni individuate dalla legislazione vigente.
A ben guardare, infatti, in materia di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalti di servizi non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti in quanto vige il principio inderogabile, fissato dal legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa eurounitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4192/2013).