L’Anac (atto del Presidente del 15.3.2023) ha recentemente ribadito che con riferimento alla previsione della lex specialis di porre a carico dell’aggiudicatario il costo del servizio di committenza prevedendo che in fase di gara il concorrente debba presentare un atto unilaterale d’obbligo quale elemento essenziale dell’offerta, è fatto divieto di porre a carico dei concorrenti, nonché dell’aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme telematiche di negoziazione e non è consentito di porre a carico degli stessi eventuali altri costi connessi alla procedura (orientamento, peraltro, già espresso con Delibera Anac n. 225 del 16 marzo 2021).
A conferma dell’illegittimità dell’imposizione economica posta a carico del soggetto aggiudicatario, ha altresì richiamato la Delibera ANAC n. 261 del 25 maggio 2022, la quale, a sua volta, rinviava all’art. 23 della Costituzione, secondo cui “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Sempre nella medesima Delibera, sia pure con riferimento all’operato di centrali di committenza, è stato chiarito che tale obbligo remunerativo, inoltre, costituirebbe una vera a propria imposizione tributaria, essendo richiesto per lo svolgimento di prestazioni di carattere pubblicistico connesse ad una procedura di gara, e, in quanto tale, necessitante di copertura normativa ai sensi dell’art. 23 della Costituzione che sancisce il principio di riserva di legge per le prestazioni patrimoniali.
In ossequio a tale principio, l’introduzione di meccanismi di remunerazione per l’ente appaltante, posti a carico dell’aggiudicatario, sarebbe possibile soltanto in presenza di previsioni normative di rango primario, confermando la necessità di apposita base legislativa che legittimi l’operato delle centrali di committenza, non esistendo, ad oggi, alcuna disposizione che in termini generali abiliti una stazione appaltante a richiedere il pagamento di una commissione agli aggiudicatari delle proprie gare d’appalto. È stato, inoltre, ulteriormente osservato che “….tale corrispettivo non troverebbe alcuna copertura costituzionale, come innanzi già rilevato, in quanto, ad oggi è assente nel nostro ordinamento una norma che conferisca alle centrali di committenza di trasporre le spese di gestione della gara in capo all’operatore, come è invece previsto, ad esempio, per le spese per la pubblicazione del bando di gara, nonché per le spese di registro, che ai sensi dell’articolo 34, comma 35, del d.l. n. 179/2012 sono rimborsate alla stazione appaltante dall’aggiudicatario entro il termine di sessanta giorni dall’aggiudicazione”.
Si richiama inoltre il Comunicato del Presidente dell’Autorità del 9 giugno 2021, laddove – in merito alla prassi di introdurre nella documentazione di gara clausole che impongono ai concorrenti di assumere l’obbligo di pagare, in caso di aggiudicazione, direttamente al prestatore del servizio di committenza ausiliari, il corrispettivo per il supporto che quest’ultimo ha assicurato alla stazione appaltante – è stato precisato che “Al riguardo, è necessario evidenziare che tali clausole sono state ritenute illegittime, in diverse occasioni, sia dalla giurisprudenza amministrativa (si veda, a titolo esemplificativo, Cons. St., V, n. 3538 del 6.5.2021; Cons. St., V, n. 6787 del 3.11.2020), che dall’Autorità (da ultimo, con la Delibera ANAC 129/2021 e la Delibera ANAC 202/2021).
Le motivazioni, poste a base delle decisioni richiamate, sono legate alla constatazione che le predette clausole, inducendo gli operatori economici a non partecipare alle gare, hanno effetti restrittivi sulla concorrenza, in palese violazione dell’art. 30 comma 1 del d.lgs. 50/2016 che, al contrario, proprio in un’ottica proconcorrenziale, sancisce il principio di massima partecipazione e che inoltre in tal modo si riversa a carico del privato il corrispettivo per una prestazione (quella dei servizi di committenza ausiliari), di cui si avvale la stazione appaltate, con l’imposizione di una prestazione, in assenza di un’espressa previsione di legge, come richiesto dall’art. 23 della Costituzione”.
Sotto altro profilo, rileva inoltre il contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione. In merito l’Autorità ha avuto modo di precisare che “la clausola della lex specialis che prevede l’obbligo di pagamento di un corrispettivo per l’espletamento dei servizi di committenza e di tutte le attività di gara a carico del futuro aggiudicatario, e che onera tutti i concorrenti di produrre un atto unilaterale d’obbligo in sede di gara, sia illegittima per contrasto con l’art. 23 Cost. e con l’art. 41, comma 2-bis del Codice nonché per contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione e dunque nulla ed inefficace ab origine (Delibera n. 129 del 17 febbraio 2021).
Inoltre, sempre con particolare riferimento a tale ultimo profilo concernente il contrasto con il principio della tassatività delle cause di esclusione, l’Anac ha avuto modo di rilevare che “la qualificazione in termini di nullità delle clausole in esame comporta la loro inefficacia parziale e ab origine, con la conseguenza che le stesse possono essere disapplicate direttamente dalla stazione appaltante senza necessità di attendere l’eventuale annullamento (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 settembre 2017, n. 4350)”.
Sul punto la stessa giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di rilevare che in linea generale la nullità, quale conseguenza del principio di tassatività delle clausole di esclusione, colpisce le clausole con le quali l’amministrazione impone ai concorrenti determinati adempimenti o prescrizioni ai fini dell’ammissione alla procedura di gara, che non trovano alcuna base giuridica nelle norme che (nel Codice dei contratti o in altre disposizioni di legge vigenti) prevedono cause di esclusione (comprese quelle che, pur non prevedendo espressamente, quale conseguenza, l’esclusione dalla gara, impongano adempimenti formali o introducano comunque norme di divieto) (Cons. Stato, V, 23 novembre 2020, n. 7257 e giurisprudenza ivi richiamata, A.P. 7 giugno 2012, n. 21; 16 ottobre 2013, n. 23; 25 febbraio 2014, n. 9) e che “la sola eventualità che può consentire la non applicazione del bando si ricollega all’ipotesi di clausole nulle, inidonee a produrre effetti giuridici, come nel caso della disposizione del bando che introduca una causa di esclusione dalla procedura non prevista dalla legge, nulla per la violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, ai sensi dell’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici” (cfr. Consiglio di Stato sentenza n. 07257/2020).
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