A differenza delle sanzioni per illeciti amministrativi, che si estinguono con la morte del trasgressore e non sono trasmissibili agli eredi ex art. 7 della legge n. 689/1981, in materia edilizia, l’ordine di demolizione ha carattere reale ed è opponibile anche a soggetti estranei al comportamento illecito, come gli eredi o aventi causa dell’autore dell’abuso.
L’ordine di demolizione segue, infatti, la res e produce effetti, di conseguenza, anche nei confronti di chi non ha commesso la violazione edilizia, ma che si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto diretto con il manufatto illecitamente realizzato, tale da poter ripristinare l’ordine, prima ancora materiale che giuridico, alterato con la sopravvenienza oggettiva di un’opera, priva di un giusto titolo.
L’acquisizione gratuita, come affermato dal Giudice delle leggi costituisce una sanzione assolutamente autonoma e diversa dalla sanzione demolitoria; secondo la Corte «l’acquisizione, a titolo gratuito, dell’area sulla quale insiste la costruzione abusiva al patrimonio indisponibile del comune rappresenta la reazione dell’ordinamento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima, esegue un’opera in totale difformità od in assenza della concessione e, poi, non adempie l’obbligo di demolire l’opera stessa» (Corte Costituzionale Ordinanza n. 82 del 1991).
Al riguardo la Corte Costituzionale ha ulteriormente chiarito che «l’acquisizione gratuita dell’area non è dunque una misura strumentale, per consentire al Comune di eseguire la demolizione, né una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all’inottemperanza all’ingiunzione» (Corte Costituzionale sentenza n. 345 del 1991).
Due sono, pertanto, gli illeciti e due le relative sanzioni:
- la sanzione della demolizione per la realizzazione dell’opera abusiva;
- la sanzione dell’acquisizione gratuita per il successivo comportamento illecito di mancato adempimento all’ordine di demolizione dell’opera stessa entro il termine prefissato.
La natura sanzionatoria autonoma dell’acquisizione al patrimonio è stata, poi, confermata dall’art. 17, comma 1, lett. q-bis della legge n. 164/2014, di conversione con modifiche del decreto-legge n. 133/2014, che ha inserito nell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 tre nuovi commi che prevedono e disciplinano una sanzione pecuniaria accessoria da aggiungersi, in caso di mancata demolizione, all’acquisizione gratuita, che rimane la sanzione principale.
L’applicazione della sanzione dell’acquisizione nei confronti dell’erede, ignaro dell’ordine di demolizione, presuppone la risoluzione della vexata queaestio della perdita immediata, o no, della proprietà allo scadere del termine di novanta giorni per mancata ottemperanza all’ordine di demolizione e conseguente automatica acquisizione al patrimonio comunale dell’abuso realizzato.
In alti termini, occorre chiarire, in via preliminare, se il bene abusivamente realizzato debba intendersi già transitato nella proprietà del Comune, alla scadenza del termine di 90 giorni assegnato per la demolizione, per effetto della semplice inottemperanza e indipendentemente dai successivi provvedimenti di accertamento della mancata riduzione in pristino e di acquisizione.
I due temi, intimamente connessi, riguardano, più in generale, le sanzioni che incidono sulla proprietà, diritto reale per eccellenza, «riconosciuta e garantita dalla legge» (art. 42 Cost.).
In materia è stata ritenuta «ineludibile un’interpretazione delle norme relative all’acquisizione al patrimonio che tenga conto dei principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Consiglio di Stato, sentenza n. 7380/2021).
E’ stato chiarito che anche le sanzioni amministrative di minor rilievo, perché ritenute meno “punitive”, godono di uno statuto che, sebbene meno pregnante, è finalizzato a garantire il rispetto del principio generale di legalità e di proporzionalità. Le garanzie ribadite dalle Corti multilivello sono state, in massima parte, condivise dalla Corte costituzionale per definire lo statuto generale delle sanzioni amministrative. Tra queste certamente ineludibili sono le garanzie di natura procedimentale.
Tra le principali garanzie del diritto sanzionatorio amministrativo rientra sicuramente il giusto procedimento sanzionatorio. Nel procedimento sanzionatorio, riconducibile nel paradigma dell’agere della pubblica amministrazione, ma con profili di specialità rispetto al procedimento amministrativo generale, rappresentando la potestà sanzionatoria – che vede l’amministrazione direttamente contrapposta all’amministrato – la reazione autoritativa alla violazione di un precetto con finalità di prevenzione, speciale e generale, e non lo svolgimento, da parte dell’autorità amministrativa, di un servizio pubblico, l’esigenza di certezza, nella specifica accezione di prevedibilità temporale, da parte dei consociati, delle conseguenze derivanti dall’esercizio dei pubblici poteri, assume una rilevanza del tutto peculiare, proprio perché tale esercizio si sostanzia nella inflizione al trasgressore di svantaggi non immediatamente correlati alla soddisfazione dell’interesse pubblico pregiudicato dalla infrazione.
Infatti, in materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità non solo impone la predeterminazione ex lege di rigorosi criteri di esercizio del potere, della configurazione della norma di condotta la cui inosservanza è soggetta a sanzione, della tipologia e della misura della sanzione stessa e della struttura di eventuali cause esimenti, ma deve necessariamente modellare anche la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico riguardo alla scansione cronologica dell’esercizio del potere.
Ciò in quanto la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell’esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell’interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale. Inoltre, la fissazione di un termine per la conclusione del procedimento non particolarmente distante dal momento dell’accertamento e della contestazione dell’illecito, consentendo all’incolpato di opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio, garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost. ed è coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della PA di cui all’art. 97 Cost.” (Corte Costituzionale, sentenza 151/2021).
Sul tema, in particolare, dell’applicabilità delle misure sanzionatorie in materia edilizia e della buona fede del terzo acquirente o, comunque, del proprietario non responsabile dell’attività illecita, giova, ancora, ricordare quanto affermato dal Giudice delle leggi con riferimento all’abrogato art. 7, comma 3, della legge n. 47/1985, a mente del quale «se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime … sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.».
Secondo la Corte, essendo l’acquisizione gratuita una sanzione prevista per il caso dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolire, essa «si riferisce esclusivamente al responsabile dell’abuso, non potendo di certo operare … nella sfera di altri soggetti e, in particolare, nei confronti del proprietario dell’area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell’opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento.» (Corte Cost. 15 luglio 1991, n. 345).
Sulla scorta del predetto orientamento la giurisprudenza amministrativa ha fatto discendere la necessità di un elemento soggettivo almeno di carattere colposo da parte del soggetto proprietario che subisce la sanzione dell’acquisizione al patrimonio comunale.
Al riguardo è stato affermato che l’aspetto relativo alla necessità della sussistenza di un elemento soggettivo, quale indice di rimproverabilità, può recedere difatti solamente dinanzi ad una funzione concretamente ripristinatoria della sanzione che, in quest’ultimo caso ha l’attitudine di imporsi, per il suo carattere reale, anche nei confronti di soggetti in stato di incolpevole buona fede, in quanto misura necessaria al ripristino del bene. In base a tale interpretazione, che tiene conto del profilo soggettivo di responsabilità nella condotta, la sanzione acquisitiva si palesa in linea con i principi espressi dalla Corte di Strasburgo ed, a quest’ultimo riguardo, il dovere di dare all’ordinamento interno una interpretazione conforme alla CEDU, come esplicitata dalla Corte di Strasburgo»
Ancor più di recente la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto, nel caso di acquisizione al patrimonio comunale per omessa demolizione del bene, che deve essere accertata la sussistenza dell’elemento psicologico che giustifichi l’irrogazione della sanzione. Ancor più precisamente, cioè, deve pur sempre essere accertato che il mancato adempimento sia frutto della volontà del destinatario del provvedimento e non sia legato, per esempio, a cause di forza maggiore o altre ragioni ostative (Consiglio di Stato, sentenza 714/2023).
L’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, laddove prevede che in caso di omessa demolizione il bene abusivamente realizzato e l’area di sedime «sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune» deve essere, pertanto, interpretato alla stregua dei detti principi nazionali e multilivello.
All’interno della cornice ermeneutica sopra delineata l’esercizio del potere sanzionatorio deve, innanzitutto, seguire la precisa scansione procedimentale dettata dall’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
L’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 stabilisce:
- al comma 2 che «[i]l dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.»;
- al comma 3 «[s]e il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.»;
- al comma 4 «[l]’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.».
La scansione procedimentale prevista dal citato art. 31 è, dunque, costituita:
- dal provvedimento di ingiunzione a demolire, con il quale viene assegnato il termine di novanta giorni per adempiere spontaneamente alla demolizione ed evitare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli;
- dall’accertamento della inottemperanza all’ordine di demolizione tramite un verbale che accerti la mancata riduzione in pristino;
- dall’atto di acquisizione al patrimonio comunale, che costituisce il titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione gratuita dell’acquisto della proprietà in capo al Comune.
Per quanto in questa sede interessa, l’atto di acquisizione al patrimonio comunale deve individuare il bene oggetto di acquisizione e la relativa area di sedime, nonché l’eventuale area ulteriore, nei limiti insuperabili del decuplo della superficie abusiva, la cui ulteriore acquisizione deve essere specificamente motivata con riferimento alle norme urbanistiche vigenti.
Dalla sequenza procedimentale sopra descritta si evince che la sanzione dell’acquisizione al patrimonio comunale necessita di una fase di accertamento e di una fase di formale irrogazione.
La sanzione della perdita della proprietà per inottemperanza all’ordine di demolizione, anche se definita come una conseguenza «di diritto» dall’art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001, richiede, infatti, un provvedimento amministrativo che definisca l’oggetto dell’acquisizione al patrimonio comunale, attraverso la quantificazione e la perimetrazione dell’area sottratta al privato; tant’è che il titolo per l’immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei registri immobiliari è costituito proprio dall’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.
Al riguardo, giova ricordare che l’accertamento dell’inottemperanza è costituito non dal mero verbale di constatazione di inadempienza, atteso il suo carattere endoprocedimentale e dichiarativo delle operazioni effettuate durante l’accesso ai luoghi, ma dal formale accertamento, che faccia proprio l’esito del verbale e che costituisca, poi, il titolo ricognitivo idoneo all’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate; in detto provvedimento necessita che in esso siano esattamente individuate ed elencate le opere e le relative pertinenze urbanistiche dal momento che costituisce titolo per l’immissione in possesso dell’opera e per la trascrizione nei registri immobiliari.
Può, pertanto, ragionevolmente concludersi che l’effetto traslativo della proprietà a favore del Comune, secondo la sequenza procedimentale prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, avviene solo a seguito del provvedimento di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.
A riprova di ciò, anche se l’acquisizione opera «di diritto» e il provvedimento acquisitivo è obbligatorio (e vincolato nel contenuto) in quanto consegue dal mero mancato adempimento dell’ordine demolitorio del bene, il Comune è, comunque, tenuto alla preventiva apertura di una fase di ricognizione che si conclude con l’accertamento dell’inadempimento; in tal modo l’Amministrazione verifica che non vi si sia stato un adempimento parziale e determina l’oggetto dell’acquisizione al patrimonio comunale, ossia l’estensione dell’area acquisita nel limite di «dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita».
Il perfezionamento della fattispecie acquisitiva necessita, quindi, di un provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine demolitorio, che come detto non è il verbale, di solito della Polizia municipale, che constata l’omessa demolizione del manufatto abusivo, ma il successivo provvedimento che fa proprio l’esito istruttorio e che costituisce, poi, il titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari.
L’effetto traslativo della proprietà è, in conclusione, subordinato ad un apposito provvedimento amministrativo di accertamento, sia pure di natura dichiarativa.
La necessità che il completo verificarsi dell’effetto traslativo debba formare oggetto di un atto amministrativo, di natura sia pur dichiarativa (e, comunque, impugnabile), risponde all’esigenza di garantire il principio eurounitario di stabilità e certezza delle posizioni giuridiche e il principio di buona amministrazione (Cons. Stato, sez. II, 20 gennaio 2023, n. 714).