Il whistleblowing nella disciplina europea
I primi interventi in materia di whistleblowing risalgono all’epoca della Comunità Economica Europea e sono stati introdotti al fine di contrastare il riciclaggio dei proventi derivanti dal traffico di stupefacenti (direttiva CE 10 giugno 1991, n. 91/308): le banche e gli enti finanziari furono obbligati a identificare i loro clienti e a segnalare alle Autorità competenti le operazioni in tal senso sospette. Si trattava però di un whistleblowing particolare: vi era un dovere di segnalazione posto a carico di specifici soggetti, non un diritto riconosciuto in favore di specifici soggetti.
Il dovere di segnalazione, accompagnato anche dalla previsione di apposite tutele, venne poi inserito in ulteriori settori (ad esempio, in ambito fiscale).
La normativa europea si è occupata di disciplinare primariamente un dovere di segnalazione, tratteggiando, di conseguenza – come già accennato – una particolare figura di whistleblower.
Le finalità della direttiva europea n. 2019/1937 sul whistleblowing
A partire dal 26 novembre 2019 si assiste a un cambiamento di prospettiva: con la direttiva n. 2019/1937 è stato introdotto, per tutti gli Stati membri, un vero e proprio diritto alla segnalazione.
Difatti, prima dell’avvento della direttiva, la protezione garantita agli informatori nell’Unione non era uniforme tra gli Stati membri e non era armonizzata tra i vari settori e si è pertanto ritenuto di prevedere una serie di norme minime comuni strumentali a garantire protezione agli informatori, di modo da contrastare le violazioni normative idonee ad arrecare pregiudizio al pubblico interesse.
La richiamata Direttiva contiene sia principi generali che principi specifici che i legislatori nazionali sono tenuti a trasporre nei rispettivi ordinamenti, nel rispetto delle differenti peculiarità e con particolare attenzione a non ridurre il livello di protezione già offerto dagli Stati membri nei settori cui si applica la Direttiva (clausola di non regressione, art.25).
Obiettivo della direttiva è disciplinare la protezione dei whistleblowers (o “informatori” nella traduzione italiana del testo) all’interno dell’Unione, introducendo norme minime comuni di tutela al fine di dare uniformità alle normative nazionali.
La direttiva prevede una tutela per il whistleblower senza differenziazione tra settore pubblico e settore privato per favorire l’emersione di illeciti, commessi non solo all’interno dei c.d. soggetti del settore pubblico ma anche delle imprese e aziende private operanti in svariati settori del mercato.
Concetto fondamentale posto a fondamento della direttiva è che chi lavora per un’organizzazione pubblica o privata o è in contatto con essa nello svolgimento della propria attività professionale è spesso la prima persona a venire a conoscenza di minacce o pregiudizi al pubblico interesse sorti in tale ambito. Gli informatori, quindi, svolgono un ruolo decisivo nella denuncia e nella prevenzione di tali violazioni e nella salvaguardia del benessere della società; tuttavia, gli stessi sono spesso poco inclini a segnalare inquietudini e sospetti nel timore di ritorsioni.
Si è così ritenuto necessario assicurare una protezione giuridica specifica alle persone quando acquisiscono le informazioni che segnalano nell’ambito delle loro attività professionali e sono quindi esposte al rischio di ritorsioni legate al lavoro (per esempio in caso di violazione dell’obbligo di lealtà e riservatezza). Il motivo principale della protezione a tali persone è la loro posizione di vulnerabilità economica nei confronti della persona da cui dipendono, di fatto, per il lavoro. Conseguentemente, laddove non vi sia un siffatto squilibrio di potere legato al lavoro, come nel caso di una normale denuncia o di ordinari cittadini, non è necessaria una protezione contro le ritorsioni.
La disciplina europea, tuttavia, non si è limitata a prevedere meccanismi di tutela sono nei confronti dei lavoratori in senso stretto: ha infatti previsto misure di protezione al maggior numero possibile di categorie di persone che, cittadini dell’Unione o di paesi terzi, per le loro attività professionali, indipendentemente dal tipo e se si tratti di attività remunerate o meno, hanno un accesso privilegiato
a informazioni sulle violazioni che è nell’interesse del pubblico segnalare e che sono a rischio di ritorsioni in caso di segnalazione.
La protezione si applica, in primo luogo, alle persone aventi la qualifica di «lavoratore», vale a dire la persona che fornisce, per un certo periodo di tempo, a favore di terzi e sotto la direzione di questi, determinate prestazioni in contropartita delle quali riceve una retribuzione. Sono inclusi, quindi, anche i lavoratori con contratti atipici, compresi i lavoratori a tempo parziale e i lavoratori con contratti a tempo determinato, nonché le persone che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale, che sono tipi di rapporti di lavoro precari cui è spesso difficile applicare forme standard di protezione contro il trattamento iniquo. Ed evidentemente il concetto di «lavoratore» comprende anche i dipendenti pubblici, impiegati di servizio pubblico, nonché qualsiasi altra persona che lavori nel settore pubblico.
Ma la protezione, poi, è estesa anche alle categorie di persone fisiche che, pur non essendo «lavoratori» possono svolgere un ruolo chiave nella esposizione di violazioni del diritto dell’Unione e che possono trovarsi in una situazione di vulnerabilità economica nell’ambito delle loro attività professionali. Si pensi, ad esempio, ai lavoratori autonomi che prestano servizi, ai lavoratori indipendenti, ai contraenti, ai subappaltatori e ai fornitori; tutte categorie, queste, che sono generalmente esposte a ritorsioni che possono, per esempio, prendere la forma di risoluzione o annullamento del contratto di servizi, della licenza o del permesso, perdita di opportunità commerciali, perdita di reddito, coercizione, intimidazioni o vessazioni.
Del resto, proteggere efficacemente gli informatori significa estendere la protezione anche alle categorie di persone che, pur non dipendendo dalle loro attività lavorative dal punto di vista economico, rischiano comunque di subire ritorsioni per aver segnalato violazioni.
Ma non solo.
La direttiva mira a concedere protezione dalle misure di ritorsione non solo direttamente in favore delle persone segnalanti stesse, ma anche nei confronti dei facilitatori, dei colleghi di lavoro o dei parenti della persona segnalante che sono in una relazione di lavoro con il datore di lavoro della persona segnalante o il suo cliente o destinatario dei servizi.
Inoltre, la disciplina europea si è preoccupata di assicurare adeguata tutela a chi riveli violazioni che sono già state commesse, violazioni che non sono ancora state commesse ma molto verosimilmente potrebbero esserlo, atti od omissioni che la persona segnalante abbia fondati motivi di ritenere violazioni, nonché tentativi di nascondere violazioni. Per gli stessi motivi la protezione è giustificata anche per le persone che non forniscono prove certe, ma espongono ragionevoli preoccupazioni o sospetti, escludendosi pertanto le informazioni che sono già totalmente di dominio pubblico, le notizie prive di fondamento e le voci di corridoio.
La nuova disciplina interna: il d.lgs. 24/2023
Il decreto legislativo n. 24/2023 costituisce la normativa di attuazione nel nostro Paese della Direttiva Europea n.1937/2019 in materia di whistleblowing, sostituendo le disposizioni in materia previste dalla legge n.179/2017 per il settore pubblico e dal decreto legislativo n. 231/2001 per il privato.
Una delle modifiche più rilevanti riguarda l’ampliamento degli ambiti soggettivi e oggettivi del whistleblowing: più ampio il perimetro dei segnalanti, sia internamente che esternamente nonché attraverso la “divulgazione pubblica”. Viene inoltre ampliato il perimetro delle segnalazioni nel settore privato, che era considerato marginalmente dalla legge n.179/2017 e che quindi era limitato agli enti dotati di Modello di Organizzazione Gestione e Controllo ai sensi del decreto legislativo n.231/2001. Si evidenzia anche un significativo aumento dei soggetti che potranno segnalare, dagli ex dipendenti ai collaboratori o tirocinanti. Inoltre, l’oggetto delle segnalazioni si amplia ad un gran numero di condotte illecite.
Altri aspetti da porre in evidenza sono la centralità del ruolo dell’A.N.AC., che assume le vesti di autorità nazionale per il whistleblowing, con competenza anche nel settore privato; l’attenzione al tema della riservatezza, intesa come principio esteso a tutti i soggetti menzionati nella segnalazione (compresi i testimoni); il raccordo con la protezione dei dati personali e la più ampia indicazione delle possibili condotte discriminatorie; la previsione della figura del facilitatore, di supporto ai segnalanti, garantita dalle organizzazioni della società civile.
Il provvedimento attuativo della Direttiva (UE) 2019/1937 è il d.lgs. 24/2023, che raccoglie in un unico testo normativo l’intera disciplina dei canali di segnalazione e delle tutele riconosciute ai segnalanti sia del settore pubblico che privato. Ne deriva una disciplina organica e uniforme finalizzata a una maggiore tutela del whistleblower, in tal modo, quest’ultimo è maggiormente incentivato all’effettuazione di segnalazioni di illeciti nei limiti e con le modalità indicate nel decreto.
Il decreto è entrato in vigore il 30 marzo 2023 e le disposizioni, ivi previste, avranno effetto a partire dal 15 luglio 2023, con una deroga per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati non superiore a 249: per questi, infatti, l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna avrà effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023.
Whistleblowing: ambito oggettivo di applicazione
Il decreto legislativo disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.
Non si applica, invece:
- alle contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria che attengono esclusivamente ai propri rapporti individuali di lavoro;
- alle segnalazioni di violazioni laddove già disciplinate dalla normativa europea o nazionale indicati
nella parte II dell’allegato al decreto legislativo stesso (settore finanziario, prevenzione del riciclaggio, finanziamento del terrorismo, sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi); - alle segnalazioni di violazioni laddove già disciplinate dalla normativa interna in esecuzione degli atti UE indicati nella parte II dell’allegato alla Direttiva UE 2019/1937;
- alle segnalazioni di violazioni in materia di sicurezza nazionale, nonché di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale.
Sono comunque fatte salve le disposizioni, europee e nazionali, in materia di:
- informazioni segrete
- segreto professionale forense e medico
- segretezza delle deliberazioni degli organi giurisdizionali
- procedura penale
- autonomia e indipendenza della magistratura
- attribuzioni del CSM
- difesa nazionale, ordine e sicurezza pubblica (TULPS).
D.lgs. 24/2023: ambito soggettivo di applicazione
I soggetti del settore pubblico e del settore privato sono tenuti a garantire le tutele e a istituire i canali interni di segnalazione.

Il settore pubblico comprende:
- le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
- le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione;
- gli enti pubblici economici;
- le società a controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 cc, anche se quotate;
- le società in house, anche se quotate;
- (Novità) gli organismi di diritto pubblico di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50; - (Novità) i concessionari di pubblico servizio.
Rientrano, altresì i soggetti privati che:
- hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
- rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I.B e II dell’allegato (cd. settori sensibili), anche se nell’ultimo anno NON hanno raggiunto la media di almeno 50 lavoratori subordinati;
- destinatari del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e adottano modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, ANCHE se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori subordinati.
Chi è il Whistleblower
Dal combinato disposto dell’art. 1 e dell’art. 2 del d.lgs. 24/2023 si ricava che il whistleblower è la persona che segnala, divulga ovvero denuncia all’Autorità giudiziaria o contabile, violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui è venuta a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.
Sono legittimate a segnalare le persone che operano nel contesto lavorativo di un soggetto del settore pubblico o privato, in qualità di:
- dipendenti pubblici (ossia i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs 165/01, ivi compresi i dipendenti di cui all’art.3 del medesimo decreto, nonché i dipendenti delle autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione;
- i dipendenti degli enti pubblici economici, degli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, delle società in house, degli organismi di diritto pubblico o dei concessionari di pubblico servizio);
- lavoratori subordinati di soggetti del settore privato;
- lavoratori autonomi che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;
- collaboratori, liberi professionisti e i consulenti che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;
- volontari e i tirocinanti, retribuiti e non retribuiti;
- azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, anche qualora tali funzioni siano esercitate in via di mero fatto, presso soggetti del settore pubblico o del settore privato.
Vi è stato quindi un sensibile ampliamento dei soggetti segnalanti che comprendono ora, oltre i dipendenti, anche i collaboratori, i consulenti, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i tirocinanti e i volontari, gli azionisti e le persone con funzioni di coordinamento e controllo.
L’ampliamento va a includere anche coloro che ancora non lavorano per l’ente, che possono aver acquisito informazioni durante le fasi di selezione o di prova, nonché gli ex dipendenti e i collaboratori.
La protezione è estesa anche ad altri soggetti collegati al segnalante: i facilitatori, i parenti, i colleghi e anche le persone giuridiche in relazione con il whistleblower.
Quando è possibile segnalare
- A) quando il rapporto giuridico è in corso;
- B) quando il rapporto giuridico non è ancora iniziato, se le informazioni sulle violazioni
sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali; - C) durante il periodo di prova;
- D) successivamente allo scioglimento del rapporto giuridico se le informazioni sulle
violazioni sono state acquisite prima dello scioglimento del rapporto stesso (pensionati).
Cosa è possibile segnalare
Comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato e che consistono in:
Violazioni di disposizioni normative nazionali
Più in particolare:
- illeciti amministrativi, contabili, civili o penali
- condotte illecite rilevanti ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (reati
presupposto a titolo esemplificativo: Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello
Stato, di un ente pubblico o dell’Unione Europea per il conseguimento di erogazioni pubbliche,
frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture), o
violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti
Violazioni di disposizioni normative europee
Più in particolare:
- illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione europea relativi ai seguenti settori: appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità dei prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;
- atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione;
- atti od omissioni riguardanti il mercato interno (a titolo esemplificativo: violazioni in materia di concorrenza e di aiuti di Stato);
- atti o comportamenti che vanificano l’oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell’Unione.
Altri tipi di segnalazione
La segnalazione, inoltre, può avere a oggetto:
- le informazioni relative alle condotte volte ad occultare le violazioni sopra indicate;
- le attività illecite non ancora compiute ma che il whistleblower ritenga
ragionevolmente possano verificarsi in presenza di elementi concreti precisi e concordanti - i fondati sospetti, la cui nozione dovrà essere oggetto di interpretazione a opera di apposite Linee Guida
Qualità delle violazioni segnalate
Le violazioni segnalate devono essere quelle tipizzate e incidere sull’interesse pubblico o sull’interesse all’integrità della pubblica amministrazione o dell’ente.
Le disposizioni del decreto non si applicano «alle contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale della persona segnalante che attengono esclusivamente ai propri
rapporti individuali di lavoro o di impiego pubblico, ovvero inerenti ai propri rapporti di lavoro o di impiego pubblico con le figure gerarchicamente sovraordinate».
I motivi che hanno indotto il whistleblower a effettuare la segnalazione sono da considerarsi irrilevanti al fine di decidere sul riconoscimento delle tutele previste dal decreto.
Whistleblowing: Cosa si può segnalare
Nel settore pubblico
Si possono segnalare:
- le violazioni del diritto interno
- le violazioni del diritto europeo.
A tal fine potranno essere utilizzati i seguenti canali di segnalazione:
- canale interno
- canale esterno
- divulgazioni pubbliche
- denuncia all’Autorità Giudiziaria o Contabile
Nel settore privato
Negli enti o con una media di almeno 50 lavoratori e/o che operano nei settori «sensibili» è possibile segnalare le violazioni del diritto europeo mediante:
- canale interno
- canale esterno
- denuncia all’Autorità
- divulgazione pubblica
Negli enti che danno applicazione al d.lgs. 231/2001 e/o con meno di 50 lavoratori è possibile segnalare le violazioni del d.lgs. 231/2001 mediante canale interno.
Negli enti che danno applicazione al d.lgs. 231/2001 e/o con una media di almeno 50 lavoratori è possibile segnalare:
- Le violazioni del d.lgs. 231/2001 mediante canale interno;
- le violazioni del diritto europeo mediante:
canale interno
canale esterno
denuncia all’Autorità
divulgazione pubblica
Whistleblowing: i canali di segnalazione
Preliminarmente, è bene precisare che la scelta del canale di segnalazione non è più rimessa alla discrezione del whistleblower in quanto in via prioritaria è favorito l’utilizzo del canale interno e, solo al ricorrere di una delle condizioni di cui all’art. 6, è possibile effettuare una segnalazione esterna.
Giova inoltre precisare sin da ora che le segnalazioni interne ed esterne nonché la relativa documentazione sono conservate per il tempo necessario alla gestione delle stesse e comunque non oltre 5 anni dalla comunicazione dell’esito finale del procedimento e nel rispetto degli obblighi di riservatezza.
Se la segnalazione è stata acquisita mediante una linea telefonica o sistema di messaggistica vocale registrati, la stessa può essere trascritta o conservata su dispositivi idonei previo consenso del segnalante.
Diversamente, se la segnalazione è acquisita mediante una linea telefonica o un sistema di messaggistica vocale non registrati, la stessa dovrà essere oggetto di verbalizzazione sottoscritta anche dal segnalante.
Infine, se la segnalazione è acquisita verbalmente, in occasione di apposito incontro, la stessa, col consenso del segnalante, può essere registrata o può essere oggetto di verbalizzazione.
Canale interno
L’articolo 4 si concentra sulla predisposizione di canali interni dedicati, che riguarda soggetti pubblici e privati; la legge fa riferimento all’opportunità dell’utilizzo di canali crittografati. Viene evidenziata la necessità di garantire la riservatezza per tutti i soggetti menzionati nella segnalazione, nonché rispetto al contenuto della segnalazione stessa.
Ai sensi dell’art. 4 del decreto, “I soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato ……. attivano propri canali di segnalazione, che garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione”.
La gestione del canale di segnalazione dovrà essere affidata a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione, ovvero è affidata a un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificamente formato.
I soggetti del settore pubblico cui sia fatto obbligo di prevedere la figura del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, affidano a quest’ultimo, anche nell’ipotesi di condivisione, la gestione del canale di segnalazione interna.
I comuni diversi dai capoluoghi di provincia possono condividere il canale di segnalazione interna e la relativa gestione. I soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, non superiore a duecentoquarantanove, possono condividere il canale di segnalazione interna e la relativa gestione.
Ai sensi dell’art. 6 del decreto, il soggetto cui è affidata la gestione del canale di segnalazione interna deve:
- rilasciare al segnalante avviso di ricevimento della segnalazione entro sette giorni dalla data di ricezione;
- mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante;
- se necessario, richiedere al segnalante integrazioni;
- dare diligente seguito alle segnalazioni ricevute;
- fornire riscontro alla segnalazione entro tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento o, in mancanza di tale avviso, entro tre mesi dalla scadenza del termine di sette giorni dalla presentazione della segnalazione;
- mettere a disposizione informazioni sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne, nonché sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazione esterne. Le suddette informazioni sono esposte e rese facilmente visibili nei luoghi di lavoro. Se dotati di un proprio sito internet, è necessario pubblicare tali informazioni anche in una sezione dedicata.
Canale esterno
Come anticipato, l’art. 6 del decreto legislativo 24/2023 dispone che è possibile effettuare una segnalazione esterna solo se, al momento della sua presentazione, ricorrano delle condizioni, in particolare una delle seguenti condizioni:
- non è prevista, nell’ambito del contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto previsto dall’articolo 4 (ossia non garantisce la riservatezza delle persone coinvolte, non è affidata a un ufficio interno o a un soggetto esterno dotati di autonomia e di personale qualificato);
- la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna e la stessa non ha avuto seguito;
- la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione;
- la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.
Ai sensi dell’art. 7 del decreto, l’Autorità competente per le segnalazioni esterne, anche del settore privato, è l’ANAC. Quest’ultima, infatti, è tenuta ad attivare un canale di segnalazione che garantisca la riservatezza dei soggetti coinvolti e dei contenuti della segnalazione (si rinvia al paragrafo “Ruolo dell’ANAC” per maggiori dettagli).
Divulgazione Pubblica
Divulgare pubblicamente vuol dire «rendere di pubblico dominio informazioni sulle violazioni tramite la stampa o mezzi elettronici o comunque tramite mezzi di diffusione in grado di raggiungere un
numero elevato di persone»
La persona segnalante che effettua una divulgazione pubblica beneficia della protezione prevista dal presente decreto se, al momento della divulgazione pubblica, ricorre una delle seguenti condizioni:
- la persona segnalante ha previamente effettuato una segnalazione interna ed esterna ovvero ha effettuato direttamente una segnalazione esterna e non è stato dato riscontro entro i termini stabiliti in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alle segnalazioni;
- la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
- la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, come quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l’autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa.
Condizioni per la protezione del Whistleblower
Valorizzando la buona fede del segnalante al momento della segnalazione, è previsto che la persona segnalante beneficerà delle tutele solo se, al momento della segnalazione, aveva fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate, divulgate pubblicamente o denunciate fossero vere.
Sono del tutto irrilevanti, ai fini del riconoscimento del sistema di protezione, i motivi che hanno indotto a segnalare/denunciare/divulgare.
Quando è accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, le tutele non sono garantite e alla persona segnalante o denunciante è irrogata una sanzione disciplinare.
Il sistema di protezione del whistleblower
Preliminarmente, giova precisare che misure di protezione si applicano non solo al segnalante, bensì anche:
- al facilitatore (persona fisica che assiste il segnalante nel processo di segnalazione, operante all’interno del medesimo contesto lavorativo e la cui assistenza deve rimanere riservata);
- alle persone del medesimo contesto lavorativo della persona segnalante, di colui che ha sporto una denuncia o di colui che ha effettuato una divulgazione pubblica e che sono legate ad essi da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado;
- ai colleghi di lavoro della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia o effettuato una divulgazione pubblica, che lavorano nel medesimo contesto lavorativo della stessa e che hanno con detta persona un rapporto abituale e corrente;
- agli enti di proprietà della persona segnalante o per i quali le stesse persone lavorano nonché agli enti che operano nel medesimo contesto lavorativo delle predette persone.
Tutela della riservatezza
La segnalazione è sottratta all’accesso agli atti amministrativi e al diritto di accesso civico generalizzato.
Sussiste inoltre il divieto di rivelare l’identità del segnalante. Difatti, l’identità del segnalante non può essere rivelata a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni. Il divieto di rivelare l’identità del whistleblower è da riferirsi non solo al nominativo del segnalante ma anche a tutti gli elementi della segnalazione, dai quali si possa ricavare, anche indirettamente, l’identificazione del segnalante.
E’, in particolare, tutelata l’identità del segnalante:
- nel procedimento penale fino a quando vige l’obbligo di segreto istruttorio ex art. 329 c.p.p. (ossia fino a quando l’imputato non possa avere conoscenza degli atti di indagine e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari)
- nel procedimento dinanzi alla Corte dei Conti fino alla chiusura della fase istruttoria;
- nel procedimento disciplinare solo se la conoscenza di tale identità sia indispensabile per la difesa dell’incolpato e sempre che vi sia il consenso espresso del segnalante
- è inoltre tutelata anche l’identità delle persone coinvolte e delle persone menzionate nella segnalazione: “I soggetti del settore pubblico e del settore privato, l’ANAC, nonché’ le autorità amministrative cui l’ANAC trasmette le segnalazioni esterne di loro competenza, tutelano l’identità delle persone coinvolte (segnalate) e delle persone menzionate nella segnalazione fino alla
conclusione dei procedimenti avviati in ragione della segnalazione nel rispetto delle medesime garanzie previste in favore della persona segnalante”.
Protezione dalle ritorsioni
Ai sensi dell’art. 17 del decreto, è vietata ogni forma di ritorsione, anche solo tentata o minacciata.
Il Legislatore ha accolto una nozione ampia di ritorsione; per essa si intende: «qualsiasi comportamento, atto od omissione, anche solo tentato o minacciato, posto in essere in ragione della segnalazione, della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o della divulgazione pubblica e che provoca o può provocare alla persona segnalante o alla persona che ha sporto la denuncia, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto».
È inserito un elenco esemplificativo e non esaustivo di tutto ciò che può rappresentare una ritorsione, tra cui:
- licenziamento, sospensione o misure equivalenti;
- retrocessione di grado o mancata promozione;
- modifica di funzioni/luogo di lavoro/orario di lavoro/riduzione dello stipendio;
- note di demerito;
- adozione di sanzioni disciplinari;
- coercizione, intimidazione, molestie;
- l’esercizio di discriminazioni;
- mancato rinnovo o risoluzione anticipata del rapporto.
Nell’ambito di procedimenti giudiziari o amministrativi o comunque di controversie stragiudiziali aventi ad oggetto l’accertamento dei comportamenti, atti o omissioni vietati nei confronti dei segnalanti, si presume che gli stessi siano stati posti in essere a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile. L’onere di provare che tali condotte o atti sono motivati da ragioni estranee alla segnalazione, alla divulgazione pubblica o alla denuncia è a carico di colui che li ha posti in essere.
La gestione delle comunicazioni di ritorsioni nel settore pubblico e nel settore privato compete all’Anac (art. 19).
Al fine di acquisire elementi istruttori indispensabili all’accertamento delle ritorsioni, l’ANAC può avvalersi, per quanto di rispettiva competenza, della collaborazione dell’Ispettorato della funzione pubblica e dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ferma restando l’esclusiva competenza dell’ANAC in ordine alla valutazione degli elementi acquisiti e all’eventuale applicazione delle sanzioni amministrative di cui all’articolo 21.
Al fine di regolare tale collaborazione, l’ANAC conclude specifici accordi, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l’Ispettorato della funzione pubblica e con l’Ispettorato nazionale del lavoro.
La dichiarazione di nullità degli atti ritorsivi spetta all’Autorità giudiziaria (art. 18, comma 3), che potrà inoltre adotta tutte le misure, anche provvisorie, necessarie ad assicurare la tutela alla situazione
giuridica soggettiva azionata, ivi compresi il risarcimento del danno, la reintegrazione nel posto di lavoro, l’ordine di cessazione della condotta ritorsiva.
L’inversione dell’onere della prova non opera a favore delle persone e degli enti diversi dal segnalante di cui all’art. 5, comma 3 (ad esempio, facilitatori, colleghi).
Misure di sostegno
Le misure di sostegno consistono in informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato.
«È istituto presso l’ANAC l’elenco degli enti del Terzo settore che forniscono alle persone segnalanti misure di sostegno. L’elenco, pubblicato dall’ANAC sul proprio sito, contiene gli enti del Terzo settore che esercitano, secondo le previsioni dei rispettivi statuti, le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettere v) e w), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, e che hanno stipulato convenzioni con ANAC».
Limitazioni di responsabilità
Ai sensi dell’art. 20 del decreto, non è punibile chi riveli o diffonda informazioni sulle violazioni:
- coperte dall’obbligo di segreto (ad esclusione delle informazioni classificate, del segreto professionale forense e medico e della segretezza delle deliberazioni degli organi giurisdizionali.
- o relative alla tutela del diritto d’autore
- o relative alla protezione dei dati personali
- o riveli o diffonda informazioni sulle violazioni che offendono la reputazione della persona coinvolta o denunciata
Quando ricorrono le ipotesi di cui sopra, è esclusa altresì ogni responsabilità, non solo penale, ma anche di natura civile o amministrativa
Bisogna tuttavia precisare che la scriminante opera quando, al momento della rivelazione o diffusione, vi fossero fondati motivi per ritenere che la rivelazione o diffusione delle stesse informazioni fosse necessaria per svelare la violazione e la segnalazione, la divulgazione pubblica o la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile è stata effettuata nelle modalità richieste.
Salvo che il fatto costituisca reato, è esclusa la responsabilità, anche di natura civile o amministrativa, per l’acquisizione delle informazioni sulle violazioni o per l’accesso alle stesse.
Restano invece ferme le responsabilità (penali, civili o amministrative) con riferimento alle attività rivelatrici non strettamente necessarie a rivelare la violazione.
Il Ruolo dell’ANAC
Poteri dell’ANAC
Il d.lgs. 24/2023 attribuisce all’ANAC tre principali poteri:
- Il Potere Regolatorio (art. 10) –>
Con la riforma introdotta dal d.lgs. 24/2023, è stato attribuito all’A.N.AC il potere/dovere di adottare, entro il 30 giugno 2023, le linee guida relative alle procedure per la presentazione e gestione delle segnalazioni ESTERNE. L’A.N.AC riesamina periodicamente, almeno una volta ogni tre anni, le proprie procedure per il ricevimento e trattamento delle segnalazioni esterne.
E’ interessante notare che, s differenza di quanto stabilito dalla legge n.179/2017, l’A.N.AC. non mantiene il compito di elaborare Linee Guida per l’efficace attuazione della legge negli enti e, quindi, in relazione alle procedure di segnalazione interna. Deve invece pubblicare le Linee Guida per le segnalazioni esterne entro soli tre mesi dall’entrata in vigore della normativa. - Il Potere di Gestione delle Segnalazioni Esterne (artt. 6, 7 e 8) –>
Come anticipato, spetta all’ANAC attivare un apposito canale di segnalazione esterna che garantisca la riservatezza delle persone coinvolte e del contenuto della segnalazione.- Le segnalazioni, in particolare, potranno essere trasmesse ad ANAC:
a) in forma scritta tramite apposita piattaforma informatica;
b) in forma orale attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale nonché mediante incontro diretto fissato entro un termine ragionevole. - Per la gestione di tali dedicati compito l’ANAC deve individuare personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione esterna.
- Inoltre, la stessa è tenuta:
a) a fornire a tutti gli interessati informazioni sulle modalità di utilizzo dei canali di segnalazione nonché sulle misure di protezione previste dalla legge;
b) a notificare un avviso di avvenuta ricezione della segnalazione all’interessato entro sette giorni;
c) a svolgere l’istruttoria e mantenere le interlocuzioni con il segnalante (potrà, in particolare, disporre audizioni, integrazioni e acquisizioni di documenti);
d) a dare un riscontro in merito alla segnalazione entro il termine di tre mesi o, se ricorrono giustificate e motivate ragioni, entro sei mesi. - A valle della segnalazione, ANAC potrà:
a) archiviare la segnalazione laddove ritenga infondata la segnalazione o laddove quest’ultima riporti violazioni di lieve entità;
b) trasmettere la segnalazione alla competente autorità amministrativa/giudiziaria laddove la stessa non rientri nella propria competenza, dandone contestuale avviso al segnalante;
c) adottare una raccomandazione;
d) emettere una sanzione amministrativa.
- Le segnalazioni, in particolare, potranno essere trasmesse ad ANAC:
- Il Potere Sanzionatorio (art. 21) –>
ANAC applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:- a) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza di cui all’articolo 12;
- b) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle di cui agli articoli 4 e 5, nonché quando accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute;
- c) da 500 a 2.500 euro, nel caso di cui all’articolo 16, comma 3 (perdita delle tutele), salvo che la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.
Ulteriori competenze dell’ANAC
- Trasmissione annuale di dati (numero segnalazioni ricevute, numero e tipo di procedimenti avviati, conseguenze delle violazioni accertate) alla Commissione europea (art.8. comma 3)
- Pubblicazione di apposite informazioni nel sito istituzionale (art. 9)
- Tenuta dell’elenco degli Enti del Terzo settore che forniscono alle persone segnalanti misure di sostegno (art. 18)
- Obblighi informativi in caso di ritorsioni (art. 19)