La PA non può rigettare l’accesso ad atti già nella disponibilità dell’istante
Non osta al chiesto accesso il fatto che i documenti di cui si domanda l’ostensione dovrebbero essere nella disponibilità del richiedente.
Questo quanto ribadito dal TAR Puglia con sentenza 1134/2023.
Infatti, la possibile disponibilità da parte del richiedente degli atti oggetto dell’istanza di accesso che, peraltro, potrebbero essere stati nel frattempo dallo stesso smarriti, non impedisce l’accesso, atteso che nessuna norma dispone in tal senso (Consiglio di Stato, sezione quinta, 23 marzo 2015, n. 1545).
Il privato che, per svariate ragioni (disordine, perdita del documento, malconservazione, trasloco, furto eccetera), non è più in possesso di un atto – che pur doveva diligentemente conservare – non può essere mutilato nella propria difesa e ha il diritto comunque ad ottenerne copia per difendersi (T.A.R. Campania, Napoli, sezione sesta, 14 gennaio 2016, n. 171; in termini, T.A.R. Campania, Napoli, sezione sesta, 17 settembre 2015, n. 4559).
È noto che l’art. 22, comma 2, della legge n. 241/1990 prevede che l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza.
L’accesso è, dunque, espressione primaria del principio di trasparenza dell’attività della P.A. e della regola generale di correttezza nell’esercizio del potere amministrativo ex art. 97 della Costituzione, in virtù dei quali la funzione pubblica deve risultare pienamente conoscibile all’esterno, in modo che sia possibile verificare la compiuta legittimità del suo esercizio nella massima estensione possibile.
In definitiva, quindi, l’accessibilità di atti e documenti è la regola generale, potendo essere esclusa o limitata solo nei casi espressamente previsti dalla legge.
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Va, inoltre, evidenziato che il collegamento, ossia il rapporto di strumentalità, tra l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso e la documentazione oggetto della relativa istanza deve essere inteso in senso ampio (col solo limite del non trasmodare in uno strumento surrettizio di sindacato generalizzato sull’attività del soggetto cui è rivolta), ossia nel senso che la documentazione richiesta deve costituire un mezzo potenzialmente utile alla tutela (non necessariamente giudiziale) della situazione giuridicamente rilevante, non richiedendosi che essa sia idonea a costituire strumento di prova diretta della lesione dell’interesse tutelato (in tema cfr. Cons. Stato, Ad. plen. 24 aprile 2012, n. 7 e, fra le tante, Cons. Stato, Sez. III 13 gennaio 2012, n. 116; Sez. IV 30 agosto 2011, n. 4883; Sez. V, 14 maggio 2010, n. 2966).
L’interesse all’accesso ha, inoltre, consistenza autonoma e va considerato in astratto, escludendosi che in relazione ai casi specifici competa all’amministrazione compiere apprezzamenti in ordine alla fondatezza della pretesa sostanziale sottostante e così alla fondatezza o all’ammissibilità delle eventuali domande giudiziali ipoteticamente proponibili dal soggetto che ha chiesto l’accesso documentale (Consiglio di Stato, sezione sesta, 28 marzo 2013, n. 1835). Si ribadisce, dunque, che l’accesso è funzionale a primarie esigenze di trasparenza amministrativa, attenendo ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (art. 29, comma 2-bis della legge n. 241/1990).
Come peraltro chiarito dal Consiglio di Stato con ___, il soggetto pubblico richiesto non può andare oltre una valutazione circa il collegamento dell’atto – obiettivo o secondo la prospettazione del richiedente – con la situazione soggettiva da tutelare e quanto all’esistenza di una concreta necessità di tutela, senza poter apprezzare nel merito la fondatezza della pretesa o le strategie difensive dell’interessato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 55; Id., sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 461).