verifica anomalia offertaanomalia offerta

a cura di Nuria Federica Nicolò

aggiornamento continuo a cura di Luigi Fadda

Prima di procedere all’aggiudicazione le Stazioni Appaltanti devono effettuare una serie di verifiche al fine di non invalidare la procedura di gara e meglio motivare l’individuazione del soggetto a cui aggiudicare la gara e con cui, quindi, stipulare il contratto.

Dopo la presentazione delle offerte e una volta redatta la graduatoria da parte della commissione giudicatrice il RUP procederà ad effettuare le verifiche pre aggiudicazione mediante l’apertura di due subprocedimenti: 1) eventuale verifica dell’anomalia dell’offerta 2) verifica del costo della manodopera.

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Il subprocedimento di verifica dell’offerta anomala

E’ noto che, per costante giurisprudenza, nel sub-procedimento di verifica della congruità dell’offerta, la valutazione dell’autorità amministrativa va effettuata considerando se le stime previsionali delle diverse voci siano attendibili e complessivamente credibili, fermo restando che un sospetto di anomalia per una specifica componente non incide necessariamente ed automaticamente sull’intera offerta, che deve essere comunque apprezzata nel suo insieme, con un giudizio globale e sintetico di competenza della stazione appaltante, non censurabile nel merito in sede giurisdizionale nell’ambito del sindacato di legittimità spettante al giudice amministrativo, a meno che non emerga una manifesta irragionevolezza o abnormità, ovvero un macroscopico travisamento dei fatti (Tar Liguria, sez. I, 3 aprile 2023, n. 382).

Il RUP da avvio al subprocedimento di verifica dell’offerta solo nel caso in cui ricorra il presupposto della c.d. offerta anormalmente bassa.

Il previgente art. 97 D.lgs. 50/2016 prevedeva che “gli operatori economici forniscono, su richiesta della stazione appaltante, spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse, sulla base di un giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta”.

Nello stesso solco si innesta l’art. 110 D.lgs. 36/2023, a tenore del quale “le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa”.

Ma cosa cambia rispetto alla precedente disciplina?

Come si evince dalla Relazione Illustrativa del Codice dei contratti, l’art. 110, comma 1, elimina le soglie fissate ex lege rimettendo l’individuazione delle offerte anomale alla discrezionalità della stazione appaltante (alla luce dei risultati di gara, del mercato di riferimento e di ogni altro elemento che possa essere ritenuto utile).

L’art. 110, comma 1, D.Lgs 36/2023 prescrive alla Stazione Appaltante di indicare, nel bando o nell’avviso con cui indice la gara, gli elementi specifici in base ai quali svolgere il giudizio di anomalia di una data offerta.

Quali criteri utilizzare?

È la stessa Relazione a fornire riscontro precisando che, fermo il limite della compatibilità con le altre disposizioni del codice, le Stazioni Appaltanti potranno utilizzare:

  • i criteri previsti dal decreto legislativo n. 50 del 2016;
  • i criteri e i parametri previsti all’allegato II.12 bis;
  • i diversi e nuovi criteri o parametri individuati dalle stesse stazioni appaltanti.

Supporto del collegio consultivo tecnico → Si segnala che, anche al fine di valutare se sottoporre a giudizio di anomalia una determinata offerta, così come nella predisposizione dei criteri, la Stazione Appaltante può richiedere il parere del collegio consultivo tecnico di cui all’art. 218, il quale potrà pertanto offrire un contributo tecnico alle amministrazioni nelle scelte da compiere.

L’offerta è anomala, cosa fare

Si procederà attraverso diversi step:

  • a mezzo lettera firmata dal RUP verranno richiesti per iscritto all’operatore economico le spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti assegnando un termine non superiore a15 giorni;
  • segue il contraddittorio procedimentale, nel corso del quale la s.a. invita l’offerente a indicare ogni ulteriore elemento utile ai fini dell’accertamento circa la sussistenza dell’anomalia.
  • se i chiarimenti forniti dall’operatore risultano esaustivi si procederà con l’aggiudicazione
  • se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello dei prezzi o dei costi proposti, la stazione appaltante esclude l’offerta (art. 110, co. 5, D.lgs. 36/2023; idem il previgente art. 97, co. 5, D.lgs. 50/2016).

Offerta anomala: le possibili giustificazioni

L’art. 110, comma 3, elenca le possibili giustifiche che l’operatore interessato può formulare a fronte della richiesta:

  • l’economia del processo di fabbricazione dei prodotti, dei servizi prestati o del metodo di costruzione;
  • le soluzioni tecniche prescelte o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente per fornire i prodotti, per prestare i servizi o per eseguire i lavori;
  • l’originalità dei lavori, delle forniture o dei servizi proposti dall’offerente.

La verifica dell’anomalia va effettuata sull’offerta nel suo complesso

Come più volte affermato dalla giurisprudenza, il procedimento di verifica dell’anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto; pertanto la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo (tra le tante, Cons. di Stato, V, 2 maggio 2019, n. 2879; III, 29 gennaio 2019, n.726; V, 23 gennaio 2018, n. 430; 30 ottobre 2017, n. 4978).

Il procedimento di verifica dell’anomalia non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione
dell’appalto: esso mira, infatti, a valutare la complessiva adeguatezza dell’offerta rispetto al fine da raggiungere (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 22 marzo 2022, n. 2079; 24 novembre 2021, n. 7868)

L’esito della gara può infatti essere travolto solo quando il giudizio negativo sul piano dell’attendibilità riguardi voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l’intera operazione economicamente non plausibile e insidiata da indici strutturali di carente affidabilità a garantire la regolare esecuzione del contratto volta al perseguimento dell’interesse pubblico.

La verifica dell’anomalia è fondata su stime

D’altro canto va anche rammentato che la formulazione di un’offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e dunque su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità, essendo quindi impossibile pretendere una rigorosa quantificazione preventiva delle grandezze delle voci di costo rivenienti dall’esecuzione futura di un contratto e per contro sufficiente che questa si mostri ex ante ragionevole ed attendibile (così espressamente Cons. di Stato, V, 2018, 3480).

Motivazione del giudizio di anomalia

La motivazione del giudizio di non anomalia non deve essere specifica ed estesa, potendo essere effettuata anche mediante rinvio per relationem alle risultanze procedimentali e alle giustificazioni fornite dall’impresa. La stazione appaltante non è poi tenuta a chiedere chiarimenti su tutti gli elementi dell’offerta e su tutti i costi, anche marginali, ma può legittimamente limitarsi alla richiesta di giustificativi con riferimento alle voci di costo più rilevanti, in grado di incidere sulla complessiva attendibilità dell’offerta sì da renderla non remunerativa e inidonea ad assicurare il corretto svolgimento del servizio (Cons. Stato, Sez. III, 14.11.2018, n. 6430).

Tuttavia, nell’ evidenziare che la verifica dell’anomalia dell’offerta può comportare l’esclusione del concorrente dalla gara, parte della giurisprudenza ha evidenziato che è necessaria, nel caso di una valutazione sfavorevole all’offerente, una motivazione rigorosa e analitica, a causa dell’immediata lesività del provvedimento che determina l’esclusione dalla procedura (Cons. Stato, sez. III, 14 ottobre 2020, n. 6209; Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2020, n.2522), fermo restando che “l’obbligo di motivazione analitica e puntuale sulle giustificazioni sussiste solo nel caso in cui l’Amministrazione esprima un giudizio negativo, mentre tale onere non sussiste in caso di esito positivo del giudizio di congruità dell’offerta essendo sufficiente in tal caso motivare il provvedimento per relationem alle giustificazioni presentate dal concorrente (Cons. Stato, sez. III, 28 dicembre 2020, n. 8442; Cons. Stato, sez. III, 14 ottobre 2020, n. 6209).

L’onere di motivazione rafforzata rileva, dunque, con riferimento ad offerte particolarmente basse, formulate dall’operatore economico anche al solo fine di poter ottenere la commessa e restare attivo sul mercato.

Verifica dell’anomalia e compensazioni

Dunque, è possibile procedere a compensazioni tra sottostime o sovrastime o, comunque, a modifiche delle voci di costo indicate negli stessi giustificativi, purché resti nel complesso immutata l’offerta economica e la sua complessiva sostenibilità; la formulazione di un’offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e dunque su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità, essendo quindi impossibile pretendere una rigorosa quantificazione preventiva delle grandezze delle voci di costo rivenienti dall’esecuzione futura di un contratto e, per contro, sufficiente che questa si mostri ex ante ragionevole ed attendibile.(Consiglio di Stato, sent. n. 8356/2023).

L’invarianza della soglia di anomalia

Come rimarcato dal Tar Campania – Salerno con sentenza 2407/2023, il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) prevede all’articolo 108, comma 12,  in sostanziale continuità con la regola già fissata dall’articolo 95, comma 15, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che: «Ogni variazione che intervenga successivamente al provvedimento di aggiudicazione,…….. non è rilevante ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte, eventualmente stabilita nei documenti di gara, e non produce conseguenze sui procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara

La norma contiene il già noto principio di invarianza della soglia di anomalia o principio di “cristallizzazione della soglia di anomalia”, che, trasposto sul piano pratico si traduce nell’impossibilità, ex post, d’individuare – per effetto di sopravvenienze successive al provvedimento di aggiudicazione – una nuova soglia di anomalia, mediante il ricalcolo delle offerte.

La ratio di tale principio è stata individuata dalla giurisprudenza nella garanzia di continuità della gara e stabilità dei suoi esiti, onde impedire che la stazione appaltante debba retrocedere il procedimento fino alla determinazione della soglia di anomalia delle offerte, cioè di quella soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta si presume senz’altro anomala, situazione che ingenererebbe una diseconomica dilatazione dei tempi di conclusione della gara correlata a un irragionevole dispendio di risorse umane ed economiche (così, Consiglio di Stato, sez. V, 02 maggio 2022, n. 3438), nonché di impedire, o comunque vanificare, in prospettiva antielusiva, la promozione di controversie meramente speculative e strumentali da parte di concorrenti non utilmente collocatisi in graduatoria, mossi dall’unica finalità, una volta noti i ribassi offerti e quindi gli effetti delle rispettive partecipazioni in gara sulla soglia di anomalia, di incidere direttamente su quest’ultima traendone vantaggio» (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 22 febbraio 2017, n. 841).

In altri termini, la regola della “cristallizzazione delle medie”, trova applicazione non solo ai fini della determinazione della soglia di anomalia, ma anche ai fini del divieto di regressione procedimentale, che implica l’immodificabilità della graduatoria anche all’esito della estromissione di uno dei concorrenti la cui offerta aveva concorso alla elaborazione dei punteggi (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 6 aprile 2020, n. 2257).

Al fine di escludere ogni incertezza sul limite temporale entro il quale gli operatori economici in gara possono censurare la graduatoria e chiedere il ricalcolo dell’anomalia, il legislatore del 2023, in luogo del riferimento alla conclusione, in sede amministrativa, “della fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte”, si riferisce, più direttamente al momento in cui è intervenuta l’aggiudicazione, in conformità a quanto già sostenuto dalla giurisprudenza formatasi durante la vigenza dei Codici dei contratti pubblici del 2016 e del 2006 (cfr. Consiglio di Stato, III, 27 aprile 2018, n. 2579; id., sez. V, 2 settembre 2019, n. 6013; in relazione all’applicazione della medesima regola nella vigenza dell’articolo 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, cfr. Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, 11 gennaio 2017, n. 14, che indica quale momento iniziale per l’applicazione dell’invarianza l’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva; nello stesso senso id., 22 dicembre 2015, n. 740).

Ribasso costo manodopera e verifica anomalia

In riferimento a quanto disposto dall’art. 41, comma 14 del Dlgs 36/2023, che testualmente recita: “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera, secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione sindacale ”, ci si è chiesti:

  • se l’offerta economica, ai fini della sua valutazione e della graduatoria, debba essere costituita solamente dal ribasso operato sull’importo al netto del costo della manodopera (importo, quest’ultimo, che dovrebbe essere scorporato dall’importo a base d’asta, di talché si presuppone, in linea teorica, non sia assoggettato al ribasso);
  • se il costo della manodopera, laddove invece ribassato, ovvero indicato dall’operatore economico in misura inferiore all’importo indicato dalla stazione appaltante negli atti di gara, in virtù di una più efficiente organizzazione sindacale, debba considerarsi un importo che si aggiunge all’importo dell’offerta economica e oggetto solo di valutazione ai fini della congruità dell’offerta medesima.

Sul tema è intervenuto il servizio di supporto giuridico del Ministero delle Infrastrutture (parere n. 2154/2023), che, dopo aver premesso che la disposizione citata nel quesito costituisce attuazione del criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1 della legge delega (L. 78/2022), in base al quale le stazioni appaltanti devono prevedere “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”, ha chiarito che:

  1. In merito alle modalità con cui declinare operativamente il nuovo dettato normativo è necessario rinviare alle indicazioni interpretative ed applicative di cui al bando tipo ANAC n. 1/2023. Nello specifico, il punto 3 dello schema di Disciplinare ha stabilito che l’importo a base di gara comprenda i costi della manodopera che la stazione appaltante ha stimato e che gli stessi non siano ribassabili
  2. l’operatore economico dovrà indicare in offerta il costo della manodopera (punto 17 Bando-tipo ANAC)
  3. se l’operatore economico riporta in offerta un costo della manodopera diverso da quello stimato dalla stazione appaltante, l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 110, D.Lgs. 36/2023.
  4. nella fattispecie, tuttavia, sempre con riferimento al costo della manodopera, in base alla previsione di cui al comma 4, lett. a) dell’art. 110 del Codice Contratti, non potranno essere fornite giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.

Si è soggiunto, in proposito, che le clausole contenute nei bandi tipo ANAC, diverse da quelle indicate come facoltative, continuino ad assumere carattere vincolante per le stazioni appaltanti, in base a quanto dispone l’art. 83, comma 3, del nuovo Codice dei contratti, secondo cui “Successivamente all’adozione da parte dell’ANAC di bandi tipo, i bandi di gara sono redatti in conformità degli stessi. Le stazioni appaltanti, nella delibera a contrarre, motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo”.

costo mandopera anomalia

Ribasso manodopera e minimi salariali

Il MIT, con parere 2154/2023, ha ricordato che l’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36/2023 costituisce attuazione del criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1 della legge delega (legge 78/2022), secondo cui le stazioni appaltanti devono prevedere “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”.

Quindi – nel rinviare alle indicazioni interpretative ed applicative di cui al bando tipo ANAC n. 1/2023, che peraltro assume carattere vincolante in ragione di quanto disposto dall’art. 83, comma 3, del Codice del Contratti – ha sottolineato che, per quel che attiene al costo della manodopera, in base alla previsione di cui al comma 4, lett. a) dell’art. 110 del Nuovo Codice, non potranno essere fornite giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.

Di conseguenza, secondo il MIT:

  • l’offerta economica, ai fini della sua valutazione e della graduatoria di gara, NON può essere costituita solamente dal ribasso operato sull’importo al netto del costo della manodopera
  • il costo della manodopera deve considerarsi un importo che si aggiunge all’importo dell’offerta economica come sopra considerata ed oggetto solo di valutazione ai fini della congruità dell’offerta medesima. 
costo manodopera e minimi salariali

Sul tema è altresì intervenuto il TAR Salerno, con sentenza 2460/2023, il quale ha rammentato che:

  • per giurisprudenza costante, l’elemento “costo del lavoro è composito e non deve essere considerato atomisticamente e rigidamente, ma va valutato nel complesso dell’organizzazione imprenditoriale, specie per imprese di notevoli dimensioni e ampia operatività che possono, quindi, compensare gli oneri derivanti da un maggior costo del lavoro con offerte qualitativamente migliori e soluzioni organizzative appropriate;
  • a questo riguardo, si distingue tra “costo reale – costituito da quanto dovuto dal datore di lavoro per il singolo lavoratore quale sia il numero di ore effettivamente lavorate – e “costo della specifica commessa, il quale, per svariate ragioni, può essere inferiore al “costo totale reale“, vale a dire alla somma del costo reale di ogni singolo lavoratore (Cons. Stato, V, 18 dicembre 2017, n. 5939; 4 dicembre 2017, n. 5700), in quanto l’operatore economico mediante l’organizzazione dell’impresa può sempre realizzare economie di scala (Consiglio di Stato, V, 17 maggio 2018, n. 2951) che rendono il costo del lavoro offerto inferiore a quello di altro operatore pur a parità di ore lavorate, essendo vicenda normale che il costo del lavoro non sia uguale per tutte le imprese che partecipano alla stessa procedura di gara (ex plurimis, Consiglio di Stato, III, 15 marzo 2021, n. 2168).

In tale quadro, il concetto di “minimi salariali”, indicati nelle apposite tabelle ministeriali (cd. trattamento retributivo minimo), deve essere distinto da quello di “costo orario medio del lavoro risultante dalle tabelle stesse.

La demarcazione fra i due concetti si coglie nel fatto che quello di trattamento retributivo minimo ha carattere “originario”, in quanto viene desunto direttamente dal pertinente contratto collettivo nazionale e non abbisogna, per la sua enucleazione, di alcuna operazione di carattere statistico-elaborativo, mentre il concetto di “costo medio orario del lavoro” è il frutto dell’attività di elaborazione del Ministero, che lo desume dall’analisi e dall’aggregazione di dati molteplici e inerenti a molteplici istituti contrattuali.

Ne consegue che le tabelle redatte dal Ministero competente – esprimendo un costo del lavoro medio, ricostruito su basi statistiche – non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che lo scostamento da esse, specie se di lieve entità, non legittima di per sé un giudizio di anomalia: “sono consentiti motivati scostamenti dai valori indicati dalle tabelle ministeriali sul costo del lavoro che, come affermato dalla consolidata giurisprudenza, non possono costituire parametri inderogabili dal cui mancato rispetto possa essere automaticamente desunta l’inattendibilità dell’offerta economica, non potendo essi, nella loro formulazione statistica, considerare l’effetto di tutti i fattori di incidenza sul costo medio del lavoro, valore quest’ultimo per la cui determinazione tabellare si considerano le ore mediamente lavorate, che scaturiscono detraendo dalle ore contrattuali le ore annue non lavorate, in parte predeterminabili in misura fissa, in altra parte suscettibili di variazione caso per caso” (Consiglio di Stato, sez. V, 22.11.2022, n. 10272), ferma restando la possibilità di considerare anormalmente basse le offerte che si discostino dai costi medi indicati nelle citate tabelle “qualora la discordanza sia considerevole ed ingiustificata” (Consiglio di Stato, sez. V, 22.11.2022, n. 10272 cit.).

Il TAR Napoli, con sentenza 6128/2023, ha chiarito che in forza del combinato disposto degli artt. 108 comma 9 e 110 comma 5 lett. d) del d.lgs. n. 36/2023, prima dell’aggiudicazione le stazioni appaltanti devono verificare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi.

Tale accertamento (che non dà luogo a un sub-procedimento di verifica di anomalia dell’intera offerta, ma mira esclusivamente a controllare il rispetto del salario minimo: cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 11 novembre 2022, n. 14776) è sempre obbligatorio, anche nei casi di gara al massimo ribasso. Diversamente, infatti, potrebbe essere compromesso il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 Cost. (in argomento cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 21 dicembre 2020, n. 1994; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 1° giugno 2020, n. 978; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 16 marzo 2020, n. 329; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 26 marzo 2018, n. 608).

In altri termini, la Stazione appaltante ha l’obbligo di procedere, prima dell’aggiudicazione, sempre e comunque, a prescindere dalla valutazione di anomalia dell’offerta, alla verifica della congruità del costo della manodopera rispetto ai minimi salariali retributivi. In altre parole, si tratta di una autonoma condicio causam dans del provvedimento di aggiudicazione, come indefettibilmente condizionato all’esito positivo di tale attività di certazione.

Inoltre, al fine di consentire alla stazione appaltante tale doverosa attività di controllo, occorre distinguere:

  • “costi indiretti della commessa”, ovverosia i costi relativi al personale di supporto all’esecuzione dell’appalto o adibito a servizi esterni
  • dai “costi diretti della commessa”, comprensivi di tutti i dipendenti impiegati per l’esecuzione della specifica commessa.

L’obbligatoria indicazione dei costi della manodopera in offerta – e la correlativa verifica della loro congruità imposta alla Stazione appaltante – si impone solo per i dipendenti impiegati stabilmente nella commessa, in quanto voce di costo che può essere variamente articolata nella formulazione dell’offerta per la specifica commessa; non è così, invece, per le figure professionali impiegate in via indiretta, che operano solo occasionalmente, ovvero in modo trasversale a vari contratti, il cui costo non si presta ad essere rimodulato in relazione all’offerta da presentare per il singolo appalto (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 12/07/2021, n.8261).

Il Giudice non può autonomamente verificare la congruità dell’offerta

Sempre in tema, è infine acquisito il principio secondo cui il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione (ex multis, Cons. Stato, V, 22 dicembre 2014, n. 6231; 18 febbraio 2013, n. 974; 19 novembre 2012, n. 5846; 23 luglio 2012, n. 4206; 11 maggio 2012, n. 2732).

La valutazione di congruità è potere tecnico-discrezionale non sindacabile

Le operazioni che la stazione appaltante svolge per verificare che l’offerta sia, oltre che congrua e rispettosa della lex specialis, anche adeguata e concretamente eseguibile, sono caratterizzate da ampi margini di discrezionalità tecnica, secondo una valutazione globale e sintetica, sindacabili in sede giurisdizionale solo di fronte a macroscopici profili di illegittimità, restando in ogni caso precluso al giudice di sostituirsi all’Amministrazione nell’esecuzione di tali attività (Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2022, n. 3453; Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2022, n. 1412; Cons. Stato, sez. V, 4 agosto 2021, n. 5754; Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2021, n. 2843; Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2021, n. 295; Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2020, n. 7554; Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2020, n. 7255; Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2020, n. 5777; Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2019, n. 4050).

Pertanto la valutazione di congruità costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (ex multis, Cons. Stato, V, 17 maggio 2018 n. 2953; 24 agosto 2018 n. 5047; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 23 gennaio 2018, n.230).

Difatti, come detto, nelle gare pubbliche il giudizio di verifica dell’anomalia dell’offerta ha natura globale e sintetica, costituendo espressione di un tipico potere tecnico- discrezionale, riservato alla Pubblica Amministrazione, che è insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della Commissione di gara che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (Cons. Stato, V, 20 dicembre 2018, n. 7178; sez. V, 27 dicembre 2017, n.7251).

Il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni dell’Amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione (si veda ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1066, che richiama Adunanza Plenaria, 29 novembre 2012, n. 36 e sez. V, 28 ottobre 2019, n.7391; III, 20 maggio 2020, n. 3207 che richiama Sezione V, 30 dicembre 2019, n. 8909 e giurisprudenza ivi citata).

L’offerta economica pari a zero

Un’offerta non può automaticamente essere respinta per il solo motivo che il prezzo proposto è di EUR 0”, con la conseguenza che l’eventuale anomalia dell’offerta deve essere verificata in concreto e puntualmente motivata, rimanendo fermo che “le amministrazioni aggiudicatrici, in caso di sospetto di offerta anormalmente bassa, sono tenute a verificare l’effettiva sussistenza di tale carattere anormalmente basso prendendo in considerazione tutti gli elementi pertinenti del bando di gara e del capitolato d’oneri” (Corte di Giustizia, 15 settembre 2022, in causa C-669/20).

Per stabilire quando un’offerta può essere definita anomala – vale a dire senza un margine minimo e, dunque, in perdita – si deve sempre fare riferimento alla fattispecie concreta. La giurisprudenza in materia ha stabilito il principio, secondo cui, “salvo il caso in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è dato stabilire una soglia di utile al di sotto della quale l’offerta va considerata anomala – potendo anche un utile modesto comportare un vantaggio significativo (Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2021, n. 2437; Cons. Stato, sez. III, 13 luglio 021, n. 5283)”, fermo restando che “legittimamente l’aggiudicataria può difendersi in giudizio provvedendo a giustificare tali voci in sede processuale” (Cons. Stato, sez. III, 14 novembre 2018, n. 6430; Cons. Stato, sez. III, 15 febbraio 2021 n. 1361; tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2023, n. 3085; in termini, Cons. Stato, sez. V, 29 novembre 2022, n. 10470).

Verifica dell’anomalia dell’offerta e contraddittorio

Il corretto svolgimento del procedimento di verifica presuppone l’effettività del contraddittorio (tra amministrazione appaltante ed offerente), di cui costituiscono necessari corollari: l’assenza di preclusioni alla presentazione di giustificazioni ancorate al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte; la immodificabilità dell’offerta ed al contempo la sicura modificabilità delle giustificazioni, nonché l’ammissibilità di giustificazioni sopravvenute e di compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto.

Modificabilità delle giustificazioni nella verifica dell’anomalia

Nell’ambito del contraddittorio che va assicurato nel sub-procedimento in questione, a fronte dell’immodificabilità dell’offerta economica nel suo complesso, sono tuttavia modificabili le relative giustificazioni, e in particolare sono consentite giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto (Cons.Stato, III, 31 maggio 2022, n.4406; V, 2 agosto 2021, n. 5644; id. 15 luglio 2021, n. 5334; Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2020, n. 1449; V, 8 gennaio 2019, n. 171).

Inoltre, le singole voci di costo possono essere modificate per sopravvenienze di fatto o normative che comportino una riduzione dei costi o per originari comprovati errori di calcolo o per altre plausibili ragioni (Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2020, n. 1874; V, 26 giugno 2019, n. 4400; V, 10 ottobre 2017, n.
4680; V, 15 dicembre 2021, n. 8358).

Anomalia dell’offerta: riparametrazione e soglia utile

In sede di procedimento di verifica dell’anomalia è poi pacificamente ammessa la progressiva riparametrazione, nella dialettica della fase giustificativa, dei parametri di costo, con compensazione delle precedenti sottostime e sovrastime, sia per porre rimedio a originari errori di calcolo, sia, più in generale, in tutti i casi in cui l’entità dell’offerta economica rimanga immutata, (C.d.S., V, sent. n. 1874/2020; C.d.S., V, n. 4400/2019; C.d.S., V, 4680/2017).

Inoltre, secondo la giurisprudenza, in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, salvo il caso in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è dato stabilire una soglia di utile al di sotto della quale l’offerta va considerata anomala – potendo anche un utile modesto comportare un vantaggio significativo (Cons. Stato Sez. V, 22/03/2021, n. 2437; Cons. Stato Sez. III, Sent., 13-07-2021, n. 5283).

La verifica dei costi della manodopera

Il ruolo delle tabelle sul costo della manodopera

Le tabelle ministeriali recanti il costo della manodopera espongono dati non inderogabili, assolvendo a una funzione di parametro di riferimento dal quale è possibile discostarsi, in sede di verifica, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa in ordine alle ragioni che giustificano lo scostamento (Cons. Stato, V, 26 aprile 2018, n.2540; 30 marzo 2017, n. 1465, nonché Tar Piemonte n. 855/2023).

La determinazione tabellare del costo del lavoro costituisce per la stazione appaltante un indice valutativo del giudizio di adeguatezza economica e un parametro legale di riferimento, rispetto al quale sono ammessi scostamenti, purché adeguatamente giustificati.

Un pur esiguo margine positivo impedisce di considerare antieconomica e dunque anomala l’offerta (Cons. Stato, V, 7 novembre 2018, 6295 e giurisprudenza ivi richiamata); eventuali scostamenti tra i dati reali e quelli previsionali possono essere infatti coperti con il margine di utile previsto, tenendo conto che anche un utile modesto può comportare un vantaggio significativo per l’impresa derivante dall’esecuzione di un appalto pubblico (Cons, di Stato, V, 24 gennaio 2020, n. 607).

Scostamento dalle tabelle sul costo del lavoro

A ogni buon conto, pur costituendo i valori (anche orari) del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che ogni eventuale scostamento dalle stesse non implica necessariamente un giudizio di anomalia, è tuttavia doveroso dubitare della congruità dell’offerta medesima ogni volta che la discordanza dalle tabelle ministeriali sia considerevole e palesemente ingiustificata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 novembre 2022 n. 10071; Consiglio di Stato, Sez. III, 18 settembre 2018 n. 5444).

In altri termini, le tabelle ministeriali sui costi medi del lavoro contengono dati ed elementi che non sono inderogabili, ma assolvono ad una funzione di parametro legale di riferimento, da cui è possibile discostarsi a condizione che lo scostamento sia giustificato in modo puntuale e rigoroso: questo significa che non si può escludere che l’impresa concorrente possa legittimamente calcolare il costo del personale impiegato nell’esecuzione del contratto computando, per le proprie figure professionali, un numero di ore lavorative annue diverso, in ipotesi superiore a quello indicato nella corrispondente tabella ministeriale, sempre che tale divergenza sia giustificata da idonei elementi probanti tratti dalla specifica realtà aziendale o dalla peculiare natura del contratto da eseguire.

In particolare, la giustificazione dello scostamento dai valori tabellari per le ore annue mediamente non lavorate deve, in sede di verifica di anomalia, risultare approfondita e deve essere accompagnata da elementi probatori significativi ed univoci, trattandosi di un dato che è influenzato da eventi, quali malattie, infortuni e maternità, che non rientrano nella disponibilità dell’impresa (cfr. TAR Lazio Roma, Sez. II, 9 aprile 2021 n. 4204; TAR Lazio Latina, Sez. I, 14 maggio 2020 n. 152).

I Costi della manodopera

Obblighi della Stazione Appaltante:

  • L’indicazione nei documenti di gara del CCNL applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione (art. 11, comma 2, D.Lgs 36/2023) – CCNL da scegliere tra quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (i c.d. contratti leader)
  • prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti acquisiscono la “dichiarazione di equivalenza delle tutele” con la quale l’operatore economico si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata
  • Dovrà verificare, con le modalità previste dall’art. 110, la “dichiarazione di equivalenza delle tutele”
  • Il costo della manodopera dovrà essere scorporato dall’importo a base d’asta e, pertanto, non sarà soggetto a ribasso salvo quanto previsto dall’art. 41, comma 14, D.Lgs 36/2023 (la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo è giustificato da una più efficiente organizzazione aziendale n.d.r tale possibilità sembra avallata da una recente sentenza del Consiglio di Stato n. 5665 del 9 giugno 2023)

L’operatore economico:

  • dovrà indicare nella propria offerta: a) il prezzo; b) i costi del personale; c) i costi aziendali per la sicurezza d) le caratteristiche della prestazione e) l’impegno ad eseguire la stessa alle condizioni indicate dalla stazione appaltante e dalla disciplina applicabile
  • potrà indicare nella propria offerta un differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante (art. 11 comma 3) e a tal fine deve redigere una “dichiarazione di equivalenza delle tutele”

Tuttavia, a parere di chi scrive, la verifica della manodopera pre aggiudicazione prevista dall’impianto normativo del nuovo codice dei contratti non sembra difforme rispetto a quanto sancito dalla previgente normativa.

Pertanto, possiamo ragionevolmente procedere ad affrontare il tema successivo…

Come la stazione appaltante verifica il costo del lavoro

In assenza di specifica giurisprudenza afferente il nuovo codice possiamo sicuramente partire da quella formatasi in relazione al D.Lgs 50/2016 tenendo presente alcuni concetti cardine:

  • le Tabelle Ministeriali sono un semplice parametro ma l’operatore economico può ben discostarsi dalle stesse senza che ciò diventi automaticamente indice di anomalia o incongruità dell’offerta;
  • perché possa dubitarsi della congruità la discordanza deve essere considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione globale effettuata dal RUP nell’esercizio del proprio potere tecnico-discrezionale.

Prima di descrivere il procedimento che dovrà essere in concreto attuato, occorre brevemente chiarire alcuni concetti:

Il monte ore contrattuale è l’obbligazione principale del sinallagma contrattuale. Ovvero la quantità di prestazioni che l’appaltatore dovrà svolgere a beneficio della Stazione Appaltante e che vengono valutate in sede di offerta tecnica. Questo rappresenta il “dato reale” da assumere come elemento per il calcolo totale del costo della manodopera, in quanto solo questo può assicurare che il servizio si svolgerà secondo l’obbligazione contrattuale assunta.

Il monte ore teorico attiene al rapporto interno tra il lavoratore e il proprio datore di lavoro (rectius: al rapporto d’impiego).

Il monte ore effettivo (o ore mediamente lavorate) si ricava sottraendo dal monte ore teorico le ore annue non lavorate in parte determinabili in misura fissa, in altra parte suscettibili di variazione caso per caso (cfr. Consiglio di Stato n. 6336/2020).

Viene utilizzato per calcolare il c.d. costo medio orario del lavoro che potrà anche discostarsi rispetto ai valori risultanti nelle Tabelle Ministeriali. Tuttavia, l’operatore dovrà puntualmente chiarire le modalità di determinazione del “monte ore effettivo” dando atto della propria “specificità” aziendale.

Tale monte ore include i costi delle sostituzioni cui il datore di lavoro deve provvedere per ferie, malattie e tutte le altre cause di legittima assenza dal servizio (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sentenza n. 2815/2017)

In estrema sintesi questo sarà il procedimento da seguire:

  • si ottiene il costo medio orario utilizzando il monte ore effettivo (c.d. divisore)
  • si moltiplica il costo medio orario per le ore contrattuali (monte ore contrattuale → moltiplicatore).

Dunque, bisogna prestare attenzione a non incorrere nell’errore di utilizzare il monte ore effettivo sia come divisore che, successivamente, quale moltiplicatore.

Invero, il costo della manodopera non può che essere determinato sulla base delle ore contrattuali offerte in gara che rappresentano l’obbligazione assunta dall’operatore economico e che, sono state, peraltro, valutate dalla commissione nell’ambito del progetto tecnico.

Verifica del costo del lavoro: cosa richiedere all’operatore economico

Il RUP dovrà richiedere giustificazioni in merito alle deroghe alle Tabelle Ministeriali operate dallo stesso.

  • i dati concernenti il numero di lavoratori impiegati, livello di inquadramento e scatti di anzianità
  • monte ore contrattuale
  • ore mediamente lavorate (o monte ore effettivo) che va utilizzato per calcolare il costo medio orario del lavoro e a tal fine l’operatore economico dovrò motivare il modo in cui lo ha determinato;
  • il costo medio orario: se lo stesso risulta essere inferiore a quanto previsto nelle tabelle andrà fornita puntuale giustificazione in merito avendo cura di indicare per ogni singola voce che compone il costo stesso gli elementi di differenziazione (es. particolari agevolazioni su aliquote Inps e Inail, minor incidenza degli oneri relativi a malattia, infortuni e maternità, lavoro straordinario)

Per quanto concerne le “ore mediamente non lavorate” previste dalle Tabelle Ministeriali occorre tener presente che, in tal caso, risulta dirimente l’organizzazione e la “storia” aziendale (es. tassi di assenteismo del personale dipendente).

Sul punto la giurisprudenza ha affermato che “l’ammontare delle ore effettivamente lavorate nelle singole imprese, che nelle tabelle ministeriali è indicato sotto la voce ore mediamente lavorate (dato ottenuto sottraendo, dalle ore teoriche contrattuali, le ore mediamente non lavorate per ferie, malattia, e altro) rappresenta un elemento variabile in relazione all’organizzazione della medesima impresa; e, quindi, costituisce un elemento derogabile ove l’impresa fornisca opportune e ragionevoli giustificazioni” (Consiglio di Stato, sentenza n. 7927/2019).

In conclusione il RUP dovrà:

  • verificare la “dichiarazione di equivalenza delle tutele” presentata dall’operatore economico e indagare sia gli aspetti economici che giuridici del CCNL utilizzato in luogo di quello indicato dalla Stazione Appaltante
  • verificare il rispetto dei c.d. minimi salariali retributivi indicati nelle Tabelle Ministeriali;
  • verificare il rispetto dei c.d. diritti inderogabili e indisponibili del lavoratore previsti ex lege (es. ferie)
  • assumere tutti gli elementi utili a giustificare eventuali scostamenti dai parametri previsti nelle Tabelle ministeriali;
  • motivare compiutamente la propria relazione dando atto di tutti gli elementi assunti in contraddittorio con l’operatore economico.

E’ possibile reperire le Tabelle Ministeriali al seguente link: Analisi economiche e costo del lavoro | Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Di Nuria Federica Nicolo

Abilitata all’esercizio della professione di Avvocato ho svolto tale attività con passione fino al 2021 nell’ambito del diritto bancario. Successivamente, a seguito di concorso pubblico sono diventata Funzionario Amministrativo – Contabile e attualmente mi occupo di diritto amministrativo e, principalmente, di contratti pubblici. You are not a tree you can move!

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